Celebrazione della stima reciproca che lega due imponenti figure della cultura contemporanea, To Stay Alive: A Method affianca James Newell Ostemberg Jr, in arte Iggy Pop, a Michel Houellebecq, mettendo in scena una riflessione sul rapporto tra poesia, sofferenza e sanità mentale. Erik Lieshout, accompagnato da Arno Hagers e Reinier Van Brummelen, operatore macchina di Peter Greenway, firma la sua seconda opera incentrata sullo scrittore francese, dopo averlo seguito e ripreso durante l’adattamento cinematografico del romanzo Possibilità di un’Isola.

Se nel precedente documentario Iggy Pop faceva capolino soltanto attraverso un pugno di canzoni composte ad hoc, questa volta il singer diventa vero e proprio fulcro delle riprese, dominando la pellicola con la sua voce profonda, gli sguardi limpidi e la camminata claudicante. Come all’interno di una collaborazione tra paroliere ed interprete, la voce di Iggy diventa lo strumento tramite cui prendono vita le pagine di Rester vivant, méthode, opera scritta da Houellebecq durante una profonda crisi esistenziale. I brani scelti, incentrati sull’importanza della sofferenza all’interno della produzione artistica, vengono giustapposti alle vite di individui approdati alla poesia attraverso malattie mentali: chi ha sviluppato un disturbo paranoide dopo essere stato lasciato dalla moglie, chi convive da sempre con la schizofrenia e chi porta sulle spalle le cicatrici di una famiglia difficile.

Contro i meccanismi della società contemporanea, interessata alla produzione culturale come ad una fucina di prodotti commerciabili, To Stay Alive rivaluta una prospettiva romantica sull’arte, intesa come cammino intrapreso dal singolo in aperta antitesi con il mondo. Contro i manager di sé stessi, perfettamente integrati nella società e pronti ad affannarsi per produrre artefatti monetizzabili, Houellebecq e Iggy schierano un poeta solitario e spirituale, impegnato in un percorso verso il Vero che lo allontana sempre più dalla folla vociante. La propensione a considerare l’arte come anarchica si riflette nella forma stessa del film, le cui quattro sezioni non articolano un discorso in via di sviluppo ma offrono una serie di istantanee, in cui la voce di Iggy impasta le riflessioni di Hollebecq con il vissuto dei tre sofferenti che accompagnano la narrazione.

Mediometraggio curioso, To Stay Alive propone una riflessione su arte e malattie mentali filtrata dalla sensibilità di due eclettici, visione irrinunciabile per tutti i fan dell’Iguana del rock.