Blu come l’acqua del mare, la malinconia e da qualche tempo, almeno al cinema, come la diversità. Nel 2013 i capelli blu di Léa Seydoux stregarono la sedicenne Adèle in La vita di Adèle, portandola al riconoscimento di un’omosessualità nemmeno sospettata e accompagnandola nella fase del passaggio dall’adolescenza all’età adulta attraverso il primo grande amore. Qualcosa di simile, e sempre grazie al blu, avviene anche a Mia, che di Adèle è coetanea, in Blue My Mind - Il segreto dei miei anni di Lisa Brühlmann. Ma non c’è solo Kechiche a fare da nume tutelare del primo lungometraggio della regista svizzera, apertamente citato nella mano ornata di anelli blu di una delle amiche di Mia, proprio come quella della compagna di classe di Adèle che, baciandola, ne instrada la consapevolezza sessuale. La Brühlmann mostra infatti di aver mandato a memoria anche la lezione tostissima dell’Aronofsky di Il cigno nero, e di intendere come lui la ferita anche fisica del diventare adulti immancabilmente inferta dalla crescita ad un corpo giovane e immacolato che si trasforma e si sporca per evolvere al suo stadio più maturo.

Mia, che ha appena cambiato città e scuola in seguito a nuovi impegni lavorativi del padre, è una teenager da manuale, oscillante fra la spinta ad omologarsi al gruppo dei compagni di scuola più popolari e quella a rivendicare la sua unicità, in conflitto con una madre presente ma estranea, turbata dai cambiamenti del proprio corpo e dalla presa di coscienza del potere di seduzione che ad essi è intrecciato. Con la complicità di alcune compagne di classe particolarmente disinibite, sceglie di sfidare la vita con l’abuso di alcol e droga e con l’eccesso nelle scelte sessuali e nelle trasgressioni tipiche della sua età. Non bastasse la pressione imposta dal suo nuovo stile di vita, si trova a fare i conti con un improvviso appetito animalesco, che non comprende, un’aggressività fisica che non controlla e strani crescenti lividi sulle gambe, che nasconde. La sua discesa agli inferi termina con una nuova consapevolezza ed accettazione di una unicità molto lontana da quella che rivendicava con le amiche ad inizio film.

Quel che più colpisce di Blue My Mind - Il segreto dei miei anni è l’angoscia che lo avvolge, che è quella di Mia e del suo incubo. Come in Aronosfsky, lo strappo del crescere e del comprendere chi si è passa anche per la mutilazione e lo sfregio dei corpi, ancora più disturbanti che nel Cigno nero perché inferti a chi da poco è uscito dall’infanzia. L’inquietudine di Mia, disperata e confusa, il suo senso di estraneità a se stessa, alla famiglia e ai coetanei trasmettono tutta la minaccia dell’età acerba, caricandola di tinte di profondo turbamento. Anche per questo rasserena e insieme inquieta che, fra genitori invisibili come quelli immaginati da Gus Van Sant per i ragazzi di Elephant, sia proprio l’amica di Mia, abbandonata dalla madre, a farsi carico della radicale trasformazione della ragazza e ad accompagnarne il risolutivo sbocciare.