Boia, maschere e segreti nasce dalla volontà del suo artefice di richiamare l'attenzione su un periodo particolarmente felice della cinematografia italiana, in cui l'essenzialità della poetica neorealista lasciò definitivamente spazio al sorgere di produzioni parimenti modeste dal punto di vista economico, ma collocate agli antipodi in quanto a toni, gusto estetico e meccanismi narrativi. Era l'epoca del cosiddetto "cinema di genere" che, sulla scia delle sperimentazioni britanniche di casa Hammer, si inserì mestamente nel nostro paese sul finire degli anni Cinquanta per poi dilagare acquisendo una propria autonomia stilistica ed imponendosi come linguaggio autonomo in grado di scandagliare gli aspetti più torbidi del reale. L'intento del regista Steve Della Casa è quello di indagare l’horror all’italiana sia in quanto fenomeno di costume che come risultato di un processo creativo ormai estinto, al fine di nobilitarne l’immagine e di attribuire ad esso la giusta collocazione nel contesto filmico del tardo dopoguerra.

Concepiti come prodotti facilmente identificabili e votati al puro intrattenimento, questi viaggi nei più angusti recessi della sensibilità umana, saturi di tensioni esasperate e di pulsioni erotiche deflagranti, sono oggi le testimonianze tangibili di un coacervo di maestranze che si fregiava di una scrupolosa artigianalità quale elemento cardine del proprio lavoro. Una fucina animata dalla minuziosa azione di innumerevoli ed instancabili mani, in grado di forgiare oggetti di stupefacente raffinatezza nonostante la scarsità dei capitali a disposizione. Il cinema poteva così abbandonare i concitati centri urbani e le spoglie periferie per addentrarsi in tenebrosi paesaggi boschivi e trasferirsi nei sordidi interni dei castelli di provincia. Ataviche costruzione pronte ad essere destrutturate, camuffate e ricomposte dal talento prostetico di figure come Carlo Rambaldi, enfatizzate ed ingigantite dalla magniloquenza di Riccardo Freda o atrocemente rivitalizzate dalla versatilità di Mario Bava. Elementi che Della Casa espone in un documento la cui limpidezza cronachistica è strettamente correlata ad una mancanza di audacia nel rielaborare i contenuti attraverso le possibilità concesse dalla narrazione audiovisiva. Una linearità che si adagia su una sequenza di testimonianze illustri, pedestremente correlate a delle pur sempre incisive sequenze estrapolate dai film oggetto del discorso.

Formalmente blando nel definire una dialettica tra il materiale di repertorio e l’attento racconto delle personalità coinvolte, questo documentario brilla per la sua capacità di estendere ben oltre i limiti dello schermo la propria passione nei confronti della materia trattata. Inglobando il punto di vista di autori quali Dario Argento e Pupi Avati, Boia, maschere e segreti fornisce una prova concreta di come l’esplosione dell’horror nostrano abbia generato un’onda d’urto in grado di scuotere ed influenzare anche i decenni successivi. In modo analogo, lo sguardo esterno ma non meno caloroso di critici e teorici francesi (tra cui spiccano Frédéric Bonnaud e Bertrand Tavernier), contribuisce ad ampliarne la portata, estendendone il raggio d’azione al di là dei confini nazionali e contribuendo ad inquadrare gli anni Sessanta come un fastoso periodo dalle sterminate possibilità per il cinema italiano. Un interludio prezioso da celebrare e, con piglio ancora più deciso, da indagare attentamente, chiedendosi dove sia andata dispersa quella carica apparentemente incontenibile ed invece affievolitasi troppo presto assieme al declino dei più celebri animatori.

Una traccia contemplativa da scrutare con occhio sì nostalgico, ma anche sufficientemente critico, perché le ceneri di un passato glorioso possono agire su un terreno bruciato rendendolo nuovamente fertile. Questa è la consapevolezza che può e deve favorire la nascita di figure autoriali in grado rispolverare l’indole pionieristica dismessa dalla cinematografia italiana, al fine di portarla nuovamente ad essere un paesaggio rigoglioso e vario, forse imperfetto ma nuovamente audace e carico di vita.