L'opera prima in bianco e nero di Paola Cortellesi si presenta al pubblico con il suo intento di evocazione e citazione del cinema italiano del passato, fin dalla scena di apertura debitrice di Una giornata particolare: già di prima mattina la donna è indaffarata nei lavori casalinghi, sveglia la famiglia e prepara la colazione per i figli e il marito che appare da subito come uomo violento e autoritario. Poi, dopo che la casa si è svuotata delle loro voci e del loro correre tra una stanza e l'altra con richieste e lamentele, la donna rimane sola.

La protagonista del film di Cortellesi è Delia, madre di famiglia, perennemente occupata in lavori dentro e fuori casa, dove cerca di guadagnare qualche soldo facendo punture, riparazioni di ombrelli, rammendi di biancheria e bucati di lenzuola. A questa fatica quotidiana si somma quella più tragica di dover sopportare e resistere alle continue violenze fisiche e verbali compiute dal marito, Ivano, che la denigra e la accusa di ogni cosa, oltre che ai modi burberi e autoritari del suocero. È proprio dal padre che Ivano ha imparato come si tratta una donna, cioè ricordandole che “se deve imparà a stà zitta” e picchiandola pesantemente una volta ogni tanto per assicurarsi che la lezione l'abbia capita bene. Siamo nella periferia romana nel secondo dopoguerra, quando le donne iniziano ad assaporare un futuro in cui, almeno in cabina elettorale, zitte non dovranno più esserlo, ma potranno finalmente partecipare alla vita politica del paese.

Se l'evocazione di un certo cinema del passato è evidente fin da subito, con il procedere del racconto ci accorgiamo di quanto l'operazione compiuta dalla regista non sia meramente imitativa né artificiosa, ma anzi una volontà di raccogliere l'eredità del cinema italiano con le sue grandi interpreti e di inserirvi elementi della contemporaneità, mescolando così non solo passato e presente, ma anche tragedia e commedia.

La firma dell'autrice Cortellesi sta proprio in questa mescolanza operata soprattutto nel commento musicale, che alterna canzoni degli anni '50 e '60 con brani recenti di Dalla, Concato e Silvestri, con l'aggiunta di musiche elettroniche e rock. Scelta registica che non rappresenta una novità (l'autrice Susanna Nicchiarelli compie un'operazione simile) e che in questo caso funziona con efficacia nell'intento di attualizzare la vicenda, per dirci che il mondo di Delia non è così distante dal nostro, dove la violenza misogina continua a essere trasversale, senza distinzione di generazione, ceto sociale e retroterra culturale. Perché è difficile scardinare il retaggio patriarcale radicato nella nostra società e nella nostra cultura che permette l'invisibilizzazione, l'abuso, il ricatto economico.

La violenza del marito Ivano è continua eppure, come in una tragedia greca, rimane fuori scena, ad eccezione della danza macabra sulle note del celebre brano che cantando “nessuno, nemmeno il destino, ci può separare” suona come una minaccia di un destino cui Delia e, come lei, ogni donna non potrà mai sottrarsi. Delia spera per la figlia Marcella un avvenire diverso, per poi rendersi conto che inevitabilmente anche lei “erediterà” la stessa condizione, intravedendo nel suo futuro marito l'ennesimo maschio-padrone, che ostacolerà in ogni modo la sua autodeterminazione.

E allora qui si fa spazio il desiderio di ribaltare tutto questo, non solo per sé, ma per la figlia e per tutte le altre che verranno dopo e che dovranno poter scegliere il proprio cammino con la libertà e il potere di decidere per se stesse. La cura, l'amore e l'ostinazione con cui Delia orchestra l'atto di ribellione finale non sarebbero possibili senza l'alleanza con l'amica Marisa, che la ascolta, la incoraggia e crea insieme a lei spazi di evasione fatti di riconoscimento reciproco e di complicità.

Cortellesi sa che i mutamenti sociali e culturali passano anche per i cambiamenti di sguardo, per gli scardinamenti degli stereotipi che le narrazioni portano con sé, e allora non ha paura di offrirci uno sguardo femminista per raccontare la sua storia. C'è ancora domani è un film che celebra il potere della sorellanza, perché possiamo immaginare e progettare un cambiamento, ribellandoci a un sistema patriarcale che da sempre vuole le donne succubi e silenti, ma possiamo realizzarlo solo se agiamo insieme, solo se ci poniamo in alleanza con le altre.

Se Delia infine può apparire fiera, coraggiosa e sorridente dopo essersi ribellata e aver riaffermato la propria volontà di scegliere, è perché trae forza dalla marea di donne che la circondano, come fossero un corpo unico, che finalmente inizia a prendersi lo spazio pubblico. Donne che sono desiderose di incamminarsi a passo svelto verso un futuro che non è già scritto, ma che ci possiamo costruire noi, insieme.