La trentunesima edizione del Cinema Ritrovato si chiude così, tra la delicatezza del viaggio ai margini dell’esistente di Agnès Varda e JR in Visages Villages e la fenomenologia dell’uno contro il molteplice di Renoir in Il delitto del signor Lange. Tale dualismo, aggregarsi e disgregarsi di moti e impulsi contrastanti è il centro propulsore della narrazione di Renoir: tra i tantissimi personaggi c’è un truffatore, Batala, un’ingenua fanciulla di nome Estelle di certo non indifferente al suo fascino e il signor Lange, grazie al quale avrà modo di sorgere una cooperativa – dopo la fuga di Batala – per mantenere salde le redini della casa e garantire quanto meno un avvenire ad Arizona Jim, il progetto letterario del signor Lange.

Ad introdurre la pellicola è stato il critico Jean Douchet, irripetibile occasione per addentrarsi nell’universo impressionista, teatrale e in perenne armonia e disarmonia di Jean Renoir attraverso le parole di Douchet; si è parlato dei suoi dualismi e dicotomie e, come si evince in Il delitto del signor Lange, anche delle contraddizioni e trasformazioni sociali a cui il regista era particolarmente vicino.

Girato per la sua quasi totalità all’interno di un cortile e degli ambienti che vi si affacciano, visivamente ricorda un vero e proprio teatro, ma non nel modo in cui appare allo spettatore, bensì visto dall’interno: vi è, infatti, una progressiva messa a fuoco delle componenti essenziali e vitali di questa casa editrice, colti nelle loro pulsioni e nei loro perenni conflitti contro un unico, un singolo che esige il potere. Ma poiché tra i personaggi c’è consapevolezza di classe e del proprio valore, tale pretesa si rivelerà vana, come si vedrà durante le battute finali del film. Anche questa volta, Jean Renoir tende a uno sforzo di teatralizzazione: come sostiene Douchet (anche grazie all’apporto del sonoro durante i primi anni Trenta) Renoir sapeva perfettamente come scovare e gestire la drammaticità del conflitto, in tal caso sociale, circoscrivendolo all’interno di un contesto teatrale, scenograficamente e anche dal punto di vista della sceneggiatura, curata in Il delitto del signor Lange da Jacques Prevert.

Renoir filma e “registra” il mormorio e le vibrazioni dell’esistenza alla stregua del padre Pierre – Auguste, nel suo tentativo, d’altra parte, di cristallizzare il flusso vitale nell’impressione pittorica: per il suo intrinseco dinamismo la realtà rappresentata, sposa della quiete e del silenzio di una sala museale, riesce a far rivivere la medesima e ormai trascorsa vitalità.