Bruce Weber, noto fotografo di moda e regista, prova a delineare un arduo, quanto sentito, ritratto dell’attore Robert Mitchum in Nice Girls Don’t Stay for Breakfast, il documentario resta un work in progress di cui si attende la versione finale, più che abbozzata nei 68 minuti presentati durante Il Cinema Ritrovato, a cui è seguito un incontro con Weber durante il quale è stata accennata la possibilità di fare un documentario su un attore italiano, il suo primo pensiero è andato a Marcello Mastroianni, sperando non siano solo parole al vento per impressionare il pubblico in sala.

Weber ripercorre la carriera cinematografica dell’attore focalizzando l’attenzione su un inedito Mitchum, filmadolo, ad esempio, mentre duetta con Marianne Faithfull e Rickie Lee Jones, una voce profonda che nonostante le inseparabili sigarette riecheggia ancora delle lontane interpretazioni di Leaning on the Everlasting Arms o The Ballad of Thunder Road accennando con disinvoltura brani di standard jazz.

I tanti protagonisti, amici, parenti e colleghi di Bob, prendono parte alla celebrazione dell’attore “da vivo” e postuma allo stesso tempo (le riprese sono iniziate nel 1990 ma il risultato finale, non definitivo, del work in progress viene presentato solo quest’anno), lo ricordano per quell’immagine che ha lasciato di sé nel cinema e nelle vite degli altri.

Bob, un po’ come John Dickinson in Dead Man, cattura l’attenzione dei presenti ogni volta che entra in una stanza, chi lo ha frequentato serba un ricordo affettuoso e sincero nonostante l’atipicità del suo personaggio, il medesimo nella realtà e nella finzione prevista dal suo lavoro, un mestiere come un altro affrontato con aria disincantata. Dietro lo sguardo del vinto si nasconde una vena ribelle e anarchica, velata da un filo di scaramanzia quando alla domanda “How are you?” risponde sempre “Worse!”.

Indimenticabili le conversazioni con Johnny Depp, nella roulotte sul set del film di Jim Jarmusch (occasione nella quale i due discorrono dell’improbabile periodo trascorso da Mitchum in Africa presso una tribù di pigmei),  i ricordi a luci rosse di Brenda Vaccaro, l’innamoramento di Polly Bergen durante le riprese della scena dello stupro ne Il promontorio della paura film di J. Lee Thompson, o Benicio del Toro che ancora fatica a cancellare l’incubo infantile legato all’immagine di quell’uomo corpulento e sinistro, forse visto ne La morte corre sul fiume, una perfetta incarnazione del boogeyman.

Mitchum, prendendo a prestito l’impeccabile definizione data da Goffredo Fofi (testimonianza chiaramente non presente nel film di Weber), è un uomo “indolente, pesante, sornione, lento, opaco e un po’ ottuso, corposo (…)”, la sua recitazione per molti aspetti è “classica” pur riuscendo a coniugare “pesantezza e ironia, esempio raro se non unico tra gli attori “protagonisti”, e fisicità e coscienza, complessità e immediatezza. Con risultati spesso affascinanti”. (Più stelle che in cielo, 1995)

Ancora Fofi ricorda il “club Robert Mitchum”, per la precisione “Micciùmm”,  creato da un gruppo di operai della Fiat Mirafiori agli inizi degli anni Sessanta, curioso aneddoto che conferma la rilevanza e l’influenza di questo attore non solo nel mondo del cinema. Un personaggio discusso che farà la sua comparsa nella lunga rassegna dei tragici e scabrosi fatti di cronaca hollywoodiana in Hollywood Babylonia di Kenneth Anger’s “another hullabaloo surrounded the arrest of Robert Mitchum the night of August 31, 1948 for possession of marijuana, after a raid on the Hollywood cottage of Lila Leeds, a blonde starlet friend”.

Notizia più scandalistica che scandalosa di eco internazionale; in Italia lo scrittore e sceneggiatore Giuseppe Marotta, celebre per la raccolta di racconti L’oro di Napoli da cui è stato tratto l’omonimo film di Vittorio De Sica, in Questo buffo cinema (1956) criticherà le scelte di Mitchum nel capitolo La marijuana, gruccia del mandrillo.

Tornando a Nice Girls Don’t Stay for Breakfast, aggiungerei qualche notizia tecnica, innanzitutto va detto che il titolo provocatorio è tratto dall’omonima canzone di Julie London del 1967, cantante e attrice affiancata da Mitchum ne Il meraviglioso paese di Robert Parrish.

Weber gira in bianco e nero, scelta dovuta all’innata fedeltà verso un personale gusto e stile fotografico consolidato, le sole tonalità a poter rappresentare uno dei migliori interpreti di film noir. Il Mitchum di Weber, è un uomo bonario e sarcastico (azzeccato l’intermezzo musicale di It’s a Man’s Man’s Man’s World  cantata da Luciano Pavarotti e James Brown), legato alla dimensione fittizia dei suo personaggi ai quali l’attore presta la sua corporeità e ricerca introspettiva rendendoli più reali di quanto si immagini.

Dopo aver visto questo bellissimo documentario, e prendendo spunto dagli operai della Fiat, credo che il mio prossimo gatto lo chiamerò Micciùmm!