Secondo amore è il secondo dei melodrammi girati da Douglas Sirk negli anni Cinquanta per la Universal, arriva solamente un anno dopo Magnifica ossessione, riprendendo la stessa coppia di protagonisti: Jane Wyman e Rock Hudson. Lei interpreta Cary Scott, vedova dell’upper class americana che s’innamora di Ron Kirby, il prestante giardiniere di diversi anni più giovane. Questa storia d’amore in Technicolor 35 mm parte in maniera intensa e travolgente, pare non ci possa essere nulla al mondo che possa metterla a repentaglio; la macchina da presa di Sirk assume la visione incantata dell’amore della donna, ben presto però sorgeranno i primi grandi problemi legati al divario sociale tra i due.

L’idea di introdurre Ron nei salotti popolati dagli snob a cui tiene in ordine i giardini si rivelerà un fallimento totale, già scritto prima ancora di accadere, ma il più grande ostacolo saranno i figli di Cary, Ned e Kay, incapaci di andare oltre le apparenze, di comprendere l’enorme bisogno d’amore e compagnia della madre, rifiutando superficialmente l’idea di questo matrimonio “misto” per orgoglio personale e familiare, adducendo motivazioni di sottilissima sostanza. Solo successivamente, quando Kay conoscerà il vero amore e Ned si trasferirà a Parigi per studiare, la donna si sentirà libera di amare e sposare il bel Ron, ma sorgeranno nuove complicazioni.

Come in Come le foglie al vento, Sirk decide di non mostrare allo spettatore il raggiungimento dell’amore (che peraltro non sarà mai certo, solo evocato, reso una possibilità), ma decide di dar spazio alle difficoltà che questi si trovano costretti ad affrontare a causa di una società ipocrita e snob, regalando agli amanti sinceri (e a chi guarda) una possibile via di fuga da quel mondo tanto crudele. Via di fuga simboleggiata dallo stile di vita di Ron, uomo al di sopra dei vizi borghesi, che conduce un’esistenza a contatto con la natura, abitando un vecchio mulino che verrà trasformato e reso adatto per accogliere una donna proveniente da uno strato sociale più alto. L’amore tra i due sarà possibile solamente se entrambi compieranno qualche passo verso l’altro, raggiungendo un equo compromesso.

La bellezza estetica delle immagini è sintomo di un sapiente sfruttamento delle caratteristiche del Technicolor, attraverso luci filtrate da vetri colorati si riflettono sui visi dei personaggi colori cangianti secondo gli stati d’animo. Questa grandissima pellicola ha segnato un momento molto importante per il melò anni Cinquanta, ed è stata successivamente reinterpretata da grandi autori come Rainer Werner Fassbinder con La paura mangia l’anima del 1974 e soprattutto con la versione di Todd Haynes del 2002, Lontano dal paradiso, o meglio Far from Heaven, che richiama il cielo di All That Heaven Allows, titolo della versione originale del film ed elemento molto importante per Sirk: “Alla produzione il titolo piaceva, pensavano volesse dire che potevi avere tutto quel che volevi. Io intendevo esattamente l’opposto. Il paradiso, per me, è avaro” (da Jon Halliday, Sirk on Sirk).