Già dal cartello di apertura, con il riferimento alla guerra odierna fra russi e ucraini, Comandante di Edoardo De Angelis inizia a suggerirci che non si parlerà solo di un evento storico della Seconda Guerra Mondiale. Anche se poi immediatamente va al 1940, a quando un sommergibile italiano capitanato da Salvatore Todaro, dopo aver affondato un'imbarcazione nemica di soldati belgi, decise di non lasciare i 26 superstiti al loro destino in mare aperto, ma di salvarli prima trainando la loro scialuppa, e poi addirittura accogliendoli a bordo.

Al cuore della vicenda reale e del film stesso c'è la figura carismatica di Todaro, interpretato da Pierfrancesco Favino alle prese per la seconda volta con il personaggio di un giusto che si ritrova in guerra dalla parte sbagliata della storia (dopo El Alamein, anche lì con accento veneto!), che a chi gli dà del fascista risponde di essere “un uomo di mare”. A dispetto del magnetismo personale dell'attore, De Angelis ha però bisogno di molta voce off e di mostrarcelo nella posizione del loto per tentare di renderne la statura spirituale e morale.

E tutto Comandante è pervaso di voci fuori campo a rendere i tormenti emotivi ed esistenziali dei suoi personaggi, anche se questo tentativo di rifare Terrence Malick in salsa calligrafica non funziona troppo bene in realtà, con l'anomala mescolanza di tette décor e pensieri rivolti all'infinito che rischia di suscitare nello spettatore più straniamento che rapimento dello spirito.

Decisamente meglio quando si entra nel vivo del salvataggio e della convivenza forzata fra soldati nemici già molto provati dalle condizioni di vita, e la macchina da presa di De Angelis, sempre incollata ai suoi soggetti, trova finalmente piena compiutezza: meno indaffarata a tentare di coglierne i tormenti interiori, si muove a stento fra l'ammasso dei corpi dentro il sottomarino, negli spazi angusti in cui non sembra esserci posto per tutti, e lì davvero coglie l'idea di uomini che in qualche modo e a dispetto di tutto decidono di salvare altri uomini, nonostante una situazione ai limiti del tollerabile, e ce li restituisce come eroi (possibili).

Tutto parrebbe chiaro, ogni riferimento all'attualità italiana del tutto evidente, ma a scanso di equivoci Comandante non si fa mancare una chiosa finale con le parole di Todaro che lancia i suoi strali verso chi non rispetta l'imperituro diritto del mare: peccato non rendersi conto che, nel parlare di temi così rilevanti e dibattuti, un approccio argomentativo funziona senza dubbio meglio di uno ostentatamente dottrinale.