La sezione Cinemalibero: femminile, plurale, è composta da esordi e De cierta manera è stato quello della giovane Sara Gòmez, prima regista cubana ad aver diretto un lungometraggio. Purtroppo fu anche l’unico poiché Sarita (questo era il modo in cui era solita farsi chiamare) morì improvvisamente prima della fine del montaggio che fu ultimato da Tomas Gutiérrez Alea e Julio Garcìa Espinosa, coautori della sceneggiatura.

Per molto tempo il film  stato inaccessibile e, nonostante fosse molto conosciuto, è stato visto molto poco in anni recenti. Il restauro è cominciato solamente nel 2019 all’interno di un progetto denominato Archive außer sich (Archivi oltre sé stessi) a cura di Arsenal – Institut für Film und Videokunst e dell’ICAIC (Instituto Cubano del Arte e Industria Cinematograficos) il quale produsse anche il film. Sara Gòmez girò il film in 16mm nonostante le pressioni dell’ICAIC che spingeva per girare in 35 mm, ma la Gomez voleva essere leggera e agile durante le riprese e non ci fu verso di accontentare l’ente cubano. Durante la stampa il 16 mm si danneggiò, l’ICAIC in quel periodo non aveva l’attrezzatura adeguata, così il materiale venne inviato in Svezia, aggiustato e gonfiato in 35 mm. La prima proiezione del film si tenne a Pesaro nel 1975 e successivamente partecipò alla Berlinale nel 1977.

De cierta manera vuole essere una panoramica sulla situazione post rivoluzionaria dei primi anni ‘70 a Cuba attraverso la storia di Mario e Yolanda e delle persone che gravitano attorno a loro nel barrìo degradato di Miraflores alla periferia de L’Havana. Il film sta a metà tra finzione e  documentario cercando di riflettere sulla marginalità sociale, sui problemi che riguardavano i progetti abitativi ed educativi, sulla delinquenza, l’analfabetismo, il divario tra classi sociali e sul machismo imperante che si ripercuote in tutte le dinamiche quotidiane. E lo fa attraverso i suoi personaggi principali, Yolanda e Mario.

Lei, insegnante, donna di cultura che si spende al massimo per il cambiamento, scontrandosi spesso con le altre donne autoctone (madri o colleghe che siano) in quanto elemento estraneo a quel mondo fatto di regole e usanze antiche difficili da estirpare. Lui figlio del machismo prerivoluzionario, uomo buono, ma anch’egli vittima degli stessi riti antichi di cui sopra. Tuttavia l’incontro tra queste due persone-simbolo è forse l’unica via verso l’inizio di un cambiamento, Yolanda rappresenta la speranza per le donne cubane, mentre Mario ha la necessità impellente di lasciare andare qualcosa che ha sempre conosciuto per migliorarsi, proprio come le palle di ferro che demoliscono le case dei barrìos simboleggiano la volontà di cambiamento e ricostruzione sociale.

Nonostante questa speranza la strada da fare è ancora lunga e disseminata di ostacoli. A tal proposito è molto importante che l’obiettivo del film non fosse affatto sostenere tesi o portare soluzioni, ma aprire una discussione continua e costruttiva per trovare il modo di superare il passato e fondare una società migliore per tutti.