È una piccola, perfetta cartolina del cinema popolare francese del suo tempo, questo Faubourg Montmartre del 1931. Il sonoro era appena arrivato, ma le limitazioni tecniche nel filmare e i grattacapi che ciò stava causando a molti autori non sembravano impensierire troppo Raymond Bernard. Regista prolifico e disinvolto negli anni del muto, con un enorme successo alle spalle, quello di Le Miracle des Loups (1924), solo qualche anno prima, Bernard sembra sapere perfettamente cosa dare al pubblico: abbandona senza ripensamenti la grandiosità delle scene storiche che aveva mostrato di saper gestire così bene, e sceglie di adattare un romanzo di Henri Duvernois, sposando perfettamente un tema intrigante e sempiterno come la prostituzione con l'attualità della crisi economica che la Francia stava vivendo sull'onda del crollo di Wall Street del '29.

Nella parte della protagonista Ginette, che, pur sull'orlo del tracollo economico e con una sorella con problemi di dipendenza che tenta ripetutamente di indurla alla prostituzione, si difende a colpi di gaia innocenza e impudente sagacia, mette l'adorabile e vivacissima Gaby Morlay, attrice di grande successo all'epoca. E pur limitato a un linguaggio visivo denotativo (a parte la bella scena dello charivari, davvero potente), a causa dei forti condizionamenti imposti dalla registrazione simultanea di immagini e sonoro inizialmente, Bernard ha già capito come allinearsi con la nuova era in atto e dare vigore a una pellicola: Faubourg Montmartre è un ensemble elegante ma accessibile di dialoghi brillanti, momenti drammatici da feuilleton, racconto d'ambiente di Parigi nelle sue strade brulicanti e nella vita notturna dei teatri pieni di musica.

Eppure il realismo poetico, che di lì a una manciata d'anni sarebbe diventata la cifra distintiva del cinema francese, producendo capolavori indimenticati, è già lì che fa capolino a tratti: prima che Ginette giunga al suo rassicurante (per tutti) lieto fine, trovando un brav'uomo che la sposa salvandola da una sorte che si fa ormai ineluttabile, è con sensibilità e dolore che Bernard ne suggerisce, al di là della telefonata soluzione da commedia sentimentale, il ben più credibile destino da eroina sconfitta, costretta dalla povertà e dal bisogno ad un destino obbligato. Subito sotto la patina del rosa, è facile e sottilmente angosciante vedere come la vita di Ginette non sia tanto assimilabile a quella di Cenerentola, quanto piuttosto a quella di Jean Gabin nei molti film che sarebbero arrivati di lì a poco, o a quella di Anna Karina ne Questa è la mia vita di trent'anni dopo.