Molti critici condividono la stessa sorpresa nell’approccio a Flee. La contemporanea candidatura, per la prima volta, di un unico film a miglior documentario, miglior film d’animazione e miglior film internazionale agli Oscar 2022 sembra essere il risvolto principale di ogni focus sull’importanza di questo film. Queste nomination, più che altro, raccontano semplicemente del potenziale di penetrazione e immersività raggiunto dal documentario animato nel raggiungere un pubblico globale e di far luce su questioni umane trasversali.

La commistione di animazione e documentario per alcuni continua a rappresentare una contraddizione in termini. L'animazione è comunemente associata alla commedia, all'intrattenimento per bambini e alla fantasia. I documentari sono associati alla rappresentazione di realtà sociali e politiche per mezzo di prove visibili. Da un lato evasione e soggettività, dall’altro un certo grado di oggettività e una forma di prova fotografica o d'archivio. Due poli opposti, il diavolo e l’acqua santa, due sostanze immiscibili. Almeno sulla carta.

Ci sono stati frequenti incontri tra questi generi e Flee non è di sicuro il primo riconosciuto. L'animazione ha una lunga storia di utilizzo come strumento per esprimere commenti politici e sociali, ed è stata usata all'interno di documentari già agli albori del dispositivo cinematografico. Flee segue altri film d'animazione da zone di conflitto che hanno trovato un successo internazionale. Persepolis, Valzer con Bashir e più recentemente Ancora un giorno hanno dimostrato al grande pubblico che animare ha un significato più profondo e meno infantile: mediare la traumaticità della realtà da un punto di vista soggettivo.

Il regista danese Jonas Rasmussen ha individuato nell’animazione la strada maestra per raggiungere il cuore della storia che voleva raccontare. Il protagonista, identificato con lo pseudonimo di Amin, ha potuto raccontare la sua storia protetta da un filtro estetico che collegasse la sua vera voce a fattezze inventate ma non per questo meno reali, garantendogli un prezioso anonimato. Così una tecnica di intervista para-terapeutica, in cui i soggetti si sdraiano e chiudono gli occhi, ricordando come le cose sembravano, odoravano e che sensazioni evocavano, si trasforma in un racconto per immagini forti e immediate della fuga dall’Afghanistan, Russia e Danimarca.

Poiché il film si riferisce all’esperienza reale di una persona in carne ed ossa, era importante che lo stile di animazione mantenesse una connessione con la realtà. L'estetica del film è quindi ampiamente realistica nel suo tratto grafico. Disegnando le scene dalla prospettiva di un'immaginaria telecamera live-action, il film segue molte convenzioni visive della forma documentario, puntellando la narrazione con canonici filmati d’archivio. Questo fornisce il contesto storico e, combinato con l'animazione realistica, colloca la storia personale di Amin all'interno delle realtà sociali e storiche condivise da molti richiedenti asilo in fuga dall'Afghanistan alla fine degli anni '80.

Sfruttando il filtro delicato dell'animazione, Flee presenta una storia commovente di un uomo a cui viene data un'altra possibilità di vivere, amare e prosperare e il tremendo prezzo pagato in anticipo per ottenerla. Una storia che ovviamente non ha bisogno dell’originalità per arrivare a vincere uno di quegli Oscar. Bastano l’asprezza e la violenza che mantiene vive, consegnate con discrezione ad un pubblico costretto a custodirle nella realtà al di fuori dell’animazione.