Quelle di suono, rumore, effetto e silenzio non sono categorie precostituite, ma unità semiologiche da contestualizzare, tanto che, a livello teorico, l’ansia definitoria degli studi di settore viene costantemente inibita dall’ibridazione di tali unità e dalle soluzioni artistico-formali dei singoli autori. Se può esistere una musica-parola (la canzone d’autore), un rumore-parola (le campane, le sirene, gli applausi), una parola-musica (la poesia), una musica-rumore (l’entropia melodica del free-jazz), un silenzio-musica (4’33’’ di John Cage), una musica-silenzio (i Preludi per pianoforte di Debussy); allo stesso modo, al cinema, è possibile che esista un rumore effettato (il rombo degli elicotteri al sintetizzatore in Apocalypse Now, Coppola, 1979), o un effetto di rumore (il rumore delle astronavi aliene in Independence Day, Emmerich, 1996).
Quando per Gli uccelli (1963) Hitchcock chiama due specialisti del suono, Oskar Sala e Remi Gassmann (il primo era un fisico che aveva studiato a Berlino negli anni Trenta, quando si iniziavano a scoprire le potenzialità degli strumenti elettronici per inserirli nelle composizioni per orchestra; il secondo, aveva studiato col violista Paul Hindemith diventando critico musicale e compositore di balletti di musiche elettroniche), insieme ad un compositore di musica colta come Bernard Hermann, costruisce e definisce la presenza dell’effetto di musica nella colonna audio cinematografica.
I versi degli uccelli, generati elettronicamente da uno strumento messo a punto dallo stesso Sala (il Mixtur-Trautonium, perfezionamento tecnologico del precedente Trautonium) sono organizzati in partitura: insomma, il caos sonoro dei versi animali si poggia strutturalmente sulle regole compositive della tradizione musicale. Gli effetti speciali visivi e sonori vanno a determinare la costruzione di una semiotica della tensione: nel film di Hitchcock, il rumore dello sbattere delle ali degli uccelli in volo, durante i titoli di testa, è l’ouverture di una colonna sonora che si chiuderà allo stesso modo, nel finale, durante la partenza in macchina dei personaggi.
Poi, gli assalti sonori, creano climax tensivi attraverso il gioco dell’alternanza battito d’ali/versi elettronici: così, durante l’assalto alla scuola, l’effetto di accumulazione visiva – gli uccelli che si avvicinano sotto gli occhi di Melania che fuma una sigaretta – procede parallelamente a quella sonora (i versi degli uccelli si sovrapporranno alle urla dei bambini); in quello alla casa, ancora, l’audio fuori campo dei versi uccelli sovrasta il parlato dei personaggi, tanto che la tensione spettatoriale viene affidata completamente a una strategia del suono.
Dieci anni dopo Gli uccelli, Kubrick chiamerà Walter Carlos per Arancia meccanica (1972) e l’Inno alla gioia di Beethoven verrà trasformato elettronicamente al sintetizzatore: da un effetto di musica ad una musica effettata il passo è fatto.