Il giardino delle vergini suicide di Sofia Coppola compie venticinque anni dall’uscita del film. Proiettato per la prima volta il 19 aprile del 1999 alla 52esima edizione del Festival di Cannes, il netto miglioramento della qualità della pellicola, frutto della collaborazione fra la casa di distribuzione Criterion ed il direttore della fotografia Ed Lachmann, ha permesso di rendere nuovamente giustizia alla potente, struggente e quanto mai attuale vicenda.
Ad ispirare la Coppola fu il libro Le vergini suicide, pubblicato nel 1993 da Jeffrey Eugenides. La regista, che scrive e dirige storie di donne, fa arrivare al pubblico l'intensa storia delle sorelle Lisbon: Cecilia, Lux, Therese, Mary e Bonnie. La scena di apertura, accompagnata da un'idilliaca e dolce musica, mostra i rassicuranti paesaggi del quartiere periferico del Michigan abitato dalla loro famiglia. Le immagini di verdi fronde, del soleggiato giardino ed il quieto vivere verranno subito bruscamente contrastate dall'evento scatenante del tentato suicidio della Lisbon più giovane, che porterà al suicidio di gruppo delle sorelle.
"Cecilia probabilmente pensava di volare". La frase, pronunciata da uno dei giovani vicini di casa, si riferisce all'indole sognatrice della prima sorella suicida. Quando, in seguito al tentativo di suicidio, il dottore le domanda cosa potrebbe mai spingere una ragazzina a compiere tale gesto, lei risponde che probabilmente lui non è mai stato una tredicenne. Essere una tredicenne, oggi come allora, è davvero dura, soprattutto se si ha una sensibilità come quella di Cecilia, fortemente devota alla Vergine Maria ed alle forme di vita più pure: gli animali e gli alberi, come l'amato olmo del suo giardino. Si toglierà la vita dopo aver visto un coetaneo disabile deriso dalle sorelle insieme ai ragazzi, alla festa organizzata per lei dai genitori.
Il film vuol far fronte all'incapacità degli adulti di comprendere e gestire i problemi delle più giovani generazioni. Quando i giornalisti, durante il servizio televisivo sui suicidi fra i teenager, parlano di come i giovani stiano sempre peggio (mentre, invece, si dovrebbe essere sereni e spensierati), benché il contesto siano gli anni '70, non sembra di ascoltare nulla nuovo (come la generazione woke, quelli terrorizzati dallo scenario da Terza Guerra Mondiale, con l'eco-ansia per il cambiamento climatico, quelli che parlano di traumi e relazioni tossiche: oggi come allora, il nostro grido rimane inascoltato).
Nessun adulto riuscirà a capirlo davvero: né il vicinato ignorante che durante l'happy hour gode della visione della distruzione della ringhiera su cui Cecilia si è buttata, né i giornalisti che spettacolarizzano le tragedie per l'audience, tantomeno i Lisbon, ignoranti e repressivi, che tentano di 'salvare' le loro figlie diventandone la condanna.
“Se le avessimo fissate a lungo avremmo potuto capirle“. I quattro ragazzi, innamorati delle sorelle, tentano di entrare nella loro psiche. Per anni tentano di mettere insieme i pezzi del mosaico, di decifrare il puzzle: i loro oggetti, i loro diari, reperti e testimonianze. Scoprono di non aver mai saputo nulla di loro. Parlano di ragazze in vesti di donne, ma questo significa essere state disegnate come una fantasia maschile, esseri angelici ed inarrivabili, fate protettrici del loro giardino segreto o ammiccanti ninfe, protagoniste dei loro sogni erotici.
I toni con cui vengono descritte le situazioni passeranno da un osservatore esterno all’altro. Nella prima parte, il punto di vista che prevale è quello dei genitori che ci mostrano figlie dimesse, devote e ubbidienti, fino a mutare la loro forma, assumendo pian piano le fattezze di oggetto del desiderio dei coetanei, enigmi misteriosi ed accattivanti e non adolescenti imprigionate dalle mille maschere cucite loro addosso.
La musica accompagna lo spettatore nella storia, introducendosi seguendo il tono onirico della narrazione, passando da malinconici motivi folk al soft rock anni '70. Esempio lampante di come la musica possa distruggere le barriere dell'incomunicabilità, l'emblematica scena in cui le quattro ragazze comunicano con gli amici al telefono, attraverso la musica dei vinili. Altrettanto fondamentale è la dimensione del colore. Lo schermo si tinge di fiabeschi colori pastello: rosa, lilla, bianco ottico a simboleggiare la purezza. Un sentiero di vestiti, piatti con cibo avanzato, disegni ed orpelli, porta lo spettatore alla scena delle sorelle in lutto, sdraiate sul pavimento di una wunderkammer piena di riviste, peluche, libri, profumi, smalti, trucchi, unicorni.
Il Giardino è il sesto protagonista. Dall'essere luogo di incontro delle cinque, simbolo di luce, sorellanza, vita e complicità, diviene territorio inespugnabile, in difesa di quei ricordi. Quando il Giardino viene deturpato e l'olmo di Cecilia segato a metà, quel rimasuglio di felicità diviene grigio e triste, svuotato di ogni ricordo. In seguito al suicidio di gruppo delle Lisbon, i genitori lasceranno quel luogo per sempre.