Dalla trama di spazi calmi, abiti impeccabili e modi ordinati con cui ci viene presentato il Giappone di oggi, emergono le storture di un mondo frenetico e dissociato: ci si dimentica dei nomi delle persone care, si arriva a confondere un estraneo per qualcuno di amato, si vive sul posto di lavoro, e-mail e social sono vitali, così come l’intrattenimento, mentre l’elaborazione dei propri sentimenti deve scavarsi una via come l’acqua tra le rocce. In questo contesto, Ryusuke Hamaguchi racconta tre storie che sembrano governate dalla fortuna e dalla fantasia, ma che ci raccontano invece un disperato bisogno di amore come motore che aiuta a superare le barriere sociali.

Nel primo episodio del film Meiko ascolta la lunga confidenza di una collega riguardo il primo appuntamento con un uomo, che si rivela essere l’ex della protagonista verso il quale forse prova ancora dei sentimenti. Sorprende come la chiarezza e l’intimità del dialogo tra colleghe non permetta l’emergere di questo dato fondamentale che potrebbe dare origine a un grande fraintendimento. Allo stesso modo è spiazzante il rapporto tra la protagonista e il proprio ex, che ci si propone come contradditorio, teso e al tempo stesso stanco, rabbioso e impossibile da appianare.

Nel secondo episodio Nao, impegnata in una relazione extra coniugale con uno studente, si presta a svergognare il professore che lo ha umiliato, accettando di sedurlo. Per farlo, la donna decide di leggere al docente un passaggio erotico da lui scritto, ma questi non reagisce, almeno non come sperato. Tra i due nasce un dialogo aperto sulle pulsioni, sui traumi dell’infanzia e sull’importanza di dare valore a sé stessi e fare ciò che ci fa sentire bene, al contrario di come la società vorrebbe e sebbene il prezzo per la spontaneità rimanga alto.

Nel terzo e ultimo episodio invece Moka e Nana intraprendono una conversazione convinte di conoscersi dai tempi del liceo per poi scoprire che sono in realtà perfette estranee. Inizialmente il gioco della finzione è retto dall’imbarazzo e dal dispiacere nel mostrare il fraintendimento avvenuto finché questo non diventa palese, ma successivamente le due donne decidono di continuare a reggere il gioco, interpretando ognuna la parte dell’amica perduta dell’altra e procedendo così verso una personale riappacificazione, accettando anche di sbagliare o di non essere in grado di ricordare qualcosa.

Il film ci porta a vivere tre episodi, slegati tra loro, avvicinandoci drasticamente ai personaggi osservandoli in interminabili piani animati unicamente dal dialogo, da cui emergono le relazioni reali o mancate e le tensioni che queste hanno creato nella loro vita. Alla apparente semplicità della messa in scena si contrappone la ricchezza delle trame di queste storie, dove ribaltamenti e colpi di scena si avvicendano in punta di piedi, senza mai rompere il superficiale contegno che contraddistingue la cultura giapponese.

I diversi episodi sono intervallati da una musica da camera che sembra accompagnare la chiusura di un sipario, ma che anche pone un ulteriore gradino di familiarità con le vicende narrate. In fondo, sebbene stiamo vedendo storie particolari in un luogo specifico, questi sono momenti che tutti siamo chiamati a comprendere, poiché il grande tema del film è che “l’amore dovrebbe renderci tutti felici” ma spesso e volentieri non è così. Anzi, è causa dei nostri maggiori turbamenti.