Nella selezione della ventiduesima edizione del Festival di Locarno, spiccavano Jean-Luc Godard, con l’adattamento de Il Disprezzo di Moravia, e Michelangelo Antonioni, reduce dall’ultimo capitolo della trilogia dell’incomunicabilità.  A scapito dei due contendenti, ad assicurarsi il Pardo d’Oro fu invece Cerny Petr dell’esordiente Milos Forman, una commedia capace di spostare l’attenzione dei cinefili sul nuovo cinema cecoslovacco.

Peter ha sedici anni, la testa tra le nuvole e poca voglia di lavorare. Nonostante gli sforzi della famiglia per inserirlo nella società, il ragazzo continua a bighellonare, incapace di dare una direzione alla propria vita. Il lavoro di vigilante in un negozio di alimentari si rivela la scelta sbagliata per costruire un futuro, mentre affetti e avversioni si sviluppano caoticamente.

Girato con un budget esiguo ed un cast di attori quasi interamente non professionisti, il film di Forman costituisce un ottimo specchio della gioventù cresciuta dietro la cortina di ferro nei primi anni Sessanta, incapace di uniformarsi ai valori dei genitori ma ancora priva della forza necessaria ad imporre un’alternativa. Peter e i suoi amici galleggiano così tra vecchie concezioni sociali e novità provenienti dall’estero, paralizzati in uno scacco esistenziale che impedisce ad ognuno di crescere e realizzarsi. Un simile stallo è ben espresso dall’indeterminatezza che caratterizza i rapporti tra i personaggi, dove nessuno riesce ad assumere rispetto agli altri un ruolo ben definito.

Il giovane Cenda, interpretato da Vladimir Pucholt, non è abbastanza prepotente da scontrarsi realmente con il protagonista, e troppo imbranato e insicuro per essere un vero amico; il suo insistente “ahoy” è allo stesso tempo manifesto di insolenza e fragilità. Pur scontando un evidente debito con la Nouvelle Vague, a partire dalla natura episodica e scollata della narrazione, Cerny Petr riesce a rivendicare una propria identità attraverso la sottile vena umoristica che percorre la pellicola. Gli innumerevoli cortocircuiti comunicativi presenti nei dialoghi costituiscono i punti in cui deflagra l’ironia di Forman, mitigando le distanze tra i personaggi con un sorriso. Eccellente fotografia di un frammento di mondo in cambiamento, Cerny Petr costituisce il primo passo della carriera di un maestro.