Al Cinema Ritrovato abbiamo incontrato Rossella Catanese che ci ha presentato Futurist Cinema: Studies on Italian Avant-garde Film, l’ultimo volume da lei curato. Recentemente pubblicato da Amsterdam Press, il testo si presenta come la prima pubblicazione scientifica rivolta ad un pubblico internazionale dedicata al contributo del Futurismo alle Avanguardie, in particolare all’arte cinematografica.

 

Futurist Cinema: Studies on Italian Avant-garde Film si presenta innanzitutto come una raccolta di numerosi contributi: qual è il fil rouge che attraversa il volume?

Il filo conduttore è il criterio di aderenza al discorso intermediale, in particolare alle connessioni tra cinema, pittura e letteratura futurista. Il movimento artistico futurista è analizzato attraverso i suoi esperimenti cinematografici, quindi attraverso una serie di proposte legate ad altri problemi teorici. Infatti il testo è diviso in sezioni in funzione delle diverse prospettive: abbiamo una sezione dedicata soprattutto agli approfondimenti teorici di raggio più ampio, una dedicata ai film. Il testo si conclude con una filmografia e una cronologia ragionata che aiuta il lettore internazionale a contestualizzare il movimento futurista e la sua produzione cinematografica all’interno del panorama cinematografico, teatrale, letterario di quegli anni.

Quali sono i tuoi contributi al volume e quali temi hai approfondito?

I miei contributi sono costituiti da una prefazione in cui illustro questo percorso, e  da un saggio dedicato a Vita Futurista, il film perduto che è la chimera di interpretazione di tutto il percorso del futurismo nel cinema, dal momento che ci sono pochissimi film rimasti che possano dirsi davvero aderenti a questo movimento artistico. Vita Futurista è il primo esperimento che apre la strada a quello che sarà il Manifesto.

È interessante che l’approfondimento sia dedicato a un film oggi invisibile.

Il film è andato perduto ed è ricostruito solo attraverso fonti extra filmiche. Tanto di quello che riguarda il futurismo è sopravvissuto in una sorta di mitizzazione attraverso queste fonti, e Vita Futurista è l’emblema di questo processo, contrariamente ad altri film meno aderenti al manifesto. Qualcuno riteneva che il manifesto fosse una serie di dettami sull’operato artistico, mentre è stato piuttosto un risultato delle sperimentazioni, una summa di quello che è stato fatto.

Quindi non un principio normativo.

Assolutamente no, o meglio, normativizzante solo a posteriori. Il Manifesto afferma l’idea di abbandonare la narratività per come era stata intesa e di effettuare una vera sperimentazione d’Avanguardia agli esordi dell’Avanguardia. Thaïs (film muto del 1917 diretto da Anton Giulio Bragaglia e Riccardo Cassano ndr), che non si può considerare aderente al manifesto, è un film che usa in senso espressivo le scenografie futuriste: in ogni caso, è assolutamente coerente con l’Avanguardia intesa come una formula narrativa differente e innovativa. C’è la parodia, c’è l’idea dell’utilizzo espressivo delle scenografie, il fatto stesso che queste ultime diventino paesaggio interiore anticipa l’espressionismo tedesco, anticipa il Caligari di Wiene. Siamo davvero di fronte a una serie di innovazioni legate ad una delle prime Avanguardie storiche del Novecento.

Quali possono essere i valori estetici su cui cinema e futurismo si incontrano?

L’idea stessa della modernolatria, dell’esaltazione della macchina, della modernità del nuovo secolo incipiente. Siamo in un’Italia ricca di un passato storico-artistico, oltre che di un presente invadente  anche nel cinema. Ricordiamo che negli anni Dieci il cinema italiano lavorava soprattutto su narrazioni semistoriche secondo un’estetica aderente alla classicità, anche per dare un valore e una dignità artistica ai film. Quello che propongono i futuristi è l’estetica  dirompente dell’innovazione dell’artista. Nel libro c’è anche un saggio su Yambo che non possiamo considerare futurista, anche se era in contatto con il gruppo fiorentino e ha sicuramente portato delle innovazioni che ricordano il linguaggio futurista. Nel libro si è cercato di lavorare su una mappatura molto ampia di quella che è l’estetica del futurismo, in modo da identificare le connessioni che ci sono state tra l’idea dell’emergere della modernità e le operazioni artistiche realizzate da questi registi.

Rossella Catanese è dottore di ricerca in Tecnologie digitali e metodologie per la ricerca sullo spettacolo, ed è tutor del master in “Restauro Digitale Audio-Video” presso la Sapienza – Università di Roma. Insegna “Italian Cinema and Society” all’università Lorenzo de’ Medici Institute di Firenze (sede italiana per i programmi di studio all'estero della University of North Carolina e Marist College). Ha pubblicato per Bulzoni la monografia Lacune binarie. Il restauro dei film e le tecnologie digitali; è co-autrice del volume collettaneo Scenari tecnologici. Matrix, la fantascienza e la società contemporanea (editore Avanguardia 21).