Firenze, ottobre 2017 – Ri-nasce la Nouvelle Vague. In pochi forse ricorderanno France Cinéma, la più lunga e importante manifestazione cinematografica italiana, dedicata al cinema francese tenutasi a Firenze per ventitré lunghi anni. L'eredità è passata a France Odéon Festival del Cinema francese che in questi giorni ha regalato anteprime mondiali, incontri di educazione all'immagine in movimento, nonché una nuova possibilità per i festival di cinema di aprirsi in dialogo con il pubblico più lontano.

I rapporti cinematografici tra Francia e Italia sono storicamente noti: a ricordarlo, effervescenti combinazioni professionali come Deneuve – Bolognini, Moreau – Antonioni, o ancora, Wiazemsky – Ferreri. La familiarità dei gusti cinematografici e un lungo rapporto di appassionata cinefilia, sono gli ingredienti che hanno trasformato la collaborazione cinematografica dei due paesi in progetti epocali, che solo nel 1963 ammontavano a circa una sessantina di produzioni.

Per chi è poco a suo agio con ll lungo percorso di divulgazione del cinema francese in Italia, intrapreso dall'Institut Français di Firenze nel 1986 ha passato il testimone a France Odéon, Festival odierno del cinema francese di Firenze, a cui spetta il compito di raccontare la nuova Francia cinefila: un'attenta e raffinata selezione del meglio della produzione contemporanea d'Oltralpe che si rivela, in questa nona edizione, una nuova occasione di riflessione e confronto con il sistema culturale cinematografico francese. La frenesia del raggiungimento del target che colpisce da qualche anno la scena culturale ha fatto sì che innumerevoli festival ed eventi affollassero le stagioni del pubblico più comune. Questo genere di esperienze, non sempre riesce nell'intento, ma nel caso di France Odéon, le cose si mettono diversamente.

Il Festival ha aperto le danze con Il mio Godard di Michel Hazanavicious, film-incanto (o disincanto) sul sentimento e l'evoluzione di Anne Wiazemsky, seconda moglie di Jean Luc Godard prima, e artista completa nel secondo tempo della sua vita.

Un film di apertura, non scelto a caso: Il mio Godard - brillante titolo italiano del film - racconta le mutazioni umorali di Jean Luc Godard o forse solo la sua evoluzione, attraverso gli occhi della sua ultima moglie, Anne Wiazemsky, scrittrice, attrice e regista francese, scomparsa proprio lo scorso 5 ottobre ed autrice del libro Un anno cruciale (2012, Éditions Gallimard), cui si ispira la sceneggiatura del lungometraggio. La scelta conferma la linea artistica di France Odéon di raccontare e avvicinare il pubblico italiano alla cultura cinematografica francese, aldilà delle celebrazioni.

Alla presenza della coppia esilarante Garrel – Hazanavicious, ne Il Mio Godard il pubblico di Firenze ha potuto imparare finalmente a dialogare con la raffinatezza della più colta tradizione sperimentale cinematografica: uno scalpitìo di risate, curiosità e atmosfera calorosa accoglieva la proiezione grazie alla comicità sottile e pur sempre intellettuale di un Garrel - Jean Luc Godard, finalmente, spoglio del suo marmoreo personaggio, umanizzato, intimo. Il racconto di un Godard goffo, emotivo ma di grande respiro realistico ha contribuito da un lato, a realizzare un desiderio, quello di Anne Wiazemsky di “trasformare un essere “odioso” in una persona tenera e divertente” e dall'altro lato di rompere finalmente, il muro di incomunicabilità che per anni ha separato il pubblico meno colto dalla raffinatissima Nouvelle Vague francese.

Il film, presentato in lingua originale, è impreziosito da un sottotitolaggio italiano magistrale, per mano di Raggio Verde, agenzia italiana di sottotitolazione e traduzione cinematografica. La mediazione culturale tra un film ritenuto popolare - come lo stesso regista, Hazanavicious definisce - e l'alta cinematogafia è accompagnata da uno splendido ponte linguistico: una traduzione italiana di altissimo livello, poetica e quasi emotiva che interpreta, rende, e riporta allo spettatore italiano più comune persino il non detto, rendendo in parole le immagini in movimento.

L'esperimento è ben riuscito ed identifica forse al meglio una delle principali funzioni di un Festival di Cinema: avvicinare, trasmettere conoscenza, divertire e forse, appassionare. Dopo la visione de Il mio Godard dalla sala del Cinema La Compagnia, venivano fuori volti illuminati e accesi di voglia di saperne di più. La magia è compiuta, la Nouvelle Vague è stata ri-scoperta, aldilà delle barriere linguistiche.