“La democrazia è due lupi e un agnello che decidono cosa mangiare per cena”

Prendete un pizzico di Woody Allen, aggiungete un tocco di Jack Kerouac e mescolate il tutto con con una troppia (throuple, in inglese) di amanti in viaggio attraverso l’America di Trump. Il risultato è Kill the Monsters (2018), ambizioso lungometraggio di Ryan Lonergan, anche co-protagonista. Girato interamente in bianco e nero, il film è una “commedia politica allegorica” che, sin dalla sua premessa (un’aforisma erroneamente - ma consapevolmente - attribuito a Benjamin Franklin) gioca con i rapporti poliamorosi e la politica, senza mai prendersi troppo sul serio.

Come l’ouverture di un’opera lirica, la sequenza iniziale vibra tra le note altisonanti di Jean Sibelius e annuncia l’entrata in scena dei tre protagonisti in un alternarsi serrato di primissimi piani e Particolari.  Patrick (Ryan Lonergan), Sutton (Garrett McKechnie) e il nuovo arrivato Frankie (Jack Ball), sono una fresca coppia poliamorosa che da New York si mette in viaggio verso Ovest nel tentativo di trovare una cura per un misterioso male che affligge Frankie. Il film segue i tre uomini e l’evolversi del loro complesso rapporto sentimentale che scandisce allegoricamente la storia della democrazia americana, dal 1776 sino al 2017. Patrick è un uomo rigido, dalla parlantina nevrotica, privo di vizi, acculturato ma soverchiante, Sutton, il suo opposto: passionale, vizioso ma comprensivo. I due rappresentano l’America liberale e conservatrice, mentre Frankie, il giovane del trio, è il popolo, conteso dalle parti, apatico, manipolato, malato di un “malessere generale”. Durante il loro percorso, incontreranno le più variegate figure femminili, tutte rigorosamente omosessuali, simboleggianti i governi stranieri e i presidenti americani, con Trump onnipresente e impalpabile sino alla chiusura del film. Irresistibile la metaforica sequenza, ambientata nel 1945, della partita a poker giocata tra una tedesca, una russa (affiancate entrambe dalle loro due inebetite compagne/schiave) e i tre amanti. Si delinea un quadro in cui la lotta alla supremazia è palesemente dichiarata dalle due e taciuta ma raggiunta attraverso sotterfugi - e repentini cambi di alleanze - dagli americani.

L’impiego del B/N è sempre un rischio se non giustificato dal contesto. In quest’opera, tuttavia, l’uso sapiente della tecnica e la colonna sonora a-temporale contribuiscono alla rarefazione dei paesaggi nei quali sono immersi i protagonisti, calando la storia in un non-luogo in cui l’allegoria acquista valore crescente. Nota di merito va senz’altro alla fotografia e al montaggio, curati entrambi da Lonergan, che spiazzano e conquistano, trasportando il nostro sguardo dai primi piani stretti a campi lunghissimi, da fluidi movimenti di macchina, accompagnati dalla musica trionfale, a stacchi improvvisi in paesaggi perfettamente statici e immersi nel silenzio.

A una prima analisi, Kill the Monsters potrebbe sembrare un film anti-Trump: non è proprio così. Lonergan ha dichiarato che l’urgenza di un film politico è precedente alle elezioni del 2016. Da sempre appassionato studioso di storia americana, ha avuto l’idea in seguito alla rilettura di La fattoria degli animali, romanzo del 1945 di George Orwell, che, a suo parere: “è tanto un’opera sugli animali che prendono il controllo della fattoria quanto del comunismo nel pieno della Guerra Fredda. E la situazione in America è stata - ed è - abbastanza terribile da voler dire qualcosa a riguardo ".