La sezione Cinemalibero del Cinema Ritrovato 2018 chiude, come aveva aperto, con un film argentino: La hora de los hornos.  Si tratta di un documentario diviso in tre parti diretto da Fernando E. Solanas e Octavio Genino (tra i fondatori del movimento Cine Liberaciòn), ma a Bologna si è vista solo la prima parte: Neocolonialismo y violencia. Le altre due parti sono Acto para la liberación ‒ a sua volta suddiviso in due grandi sezioni Crónica del peronismo (1945-1955) e Crónica de la resistencia (1955-1966) ‒ e infine Violencia y liberación. Il film è stato girato clandestinamente tra il 1966 e il 1968, periodo nel quale l’Argentina era sotto la dittatura di Juan Carlos Onganía, ed è dedicato alla memoria di Ernesto Guevara.

Neocolonialismo y violencia è suddiviso in 13 sottocapitoli dai titoli molto emblematici per comprendere la direzione del film: La historia, El país, La violencia cotidiana, La ciudad puerto, La oligarquía, El sistema, La violencia política, El neorracismo, La dependencia, La violencia cultural, Los modelos, La guerra ideológica, La opción.

Dopo la prima avvenuta in Italia, nel giugno del 1968, in occasione della quarta edizione della Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro dove vinse il gran premio della giuria e il premio FIPRESCI, seguirono molte visioni in Europa, il film venne apprezzato molto poiché rispecchiava fortemente le lotte, i cambiamenti e le rivolte che caratterizzarono il periodo. In Argentina invece fu vietato fino al 1973 quando Peròn aveva già assunto la presidenza e ne fu mostrata solo la prima parte, mentre per la visione dei 3 film bisognerà aspettare il 1998, 30 anni dopo la proiezione pesarese. Oggi guardando questo importantissimo documentario militante sembra che ogni immagine trasmetta la fatica e i rischi compiuti affinché noi potessimo vederla e il valore dell’opera per questo aumenta. Un racconto senza fronzoli né pietà sul neocolonialismo che distrugge subdolamente interi popoli, che si insinua all’interno della società non più come lo straniero riconoscibile, ma impara la lingua e la cultura e si confonde tra la gente che vuole sottomettere.

Solanas, che veniva dalla pubblicità, girava senza sceneggiatura, credendo fermamente che il momento fondamentale per un film di questo tipo fosse il montaggio mostrandosi debitore verso la scuola sovietica degli anni ‘20, accostando immagini disturbanti e scioccanti, fino ad arrivare all’intensa inquadratura finale, un lungo primissimo piano del volto del cadavere di Che Guevara “accompagnato da un ritmo percussivo assordante” che non può non suscitare nello spettatore una sensazione di disagio e immobilità e imbarazzo. ““Ogni spettatore è un codardo o un traditore”. A Pesaro nel ’68 la frase di Frantz Fanon era stata impressa in un cartello sotto lo schermo durante la proiezione. Il film era diventato atto politico, come speravano i suoi registi a ogni proiezione e come avrebbero teorizzato poco dopo con l’idea del ‘cinema militante’ che, secondo loro, era la categoria più avanzata del terzo cinema.”

Il film è stato restaurato nel 2018 da INCAA (Instituto Nacional de Cine y Artes Audiovisuales) presso il laboratorio Gotika di Buenos Aires, con la supervisione di Fernando E. Solanas.