Secondo Giovanni Verga c'è una bomba sotto l'edificio della realtà pirandelliana. Dalla sua deflagrazione, nel maggio 1921 al Teatro Valle a Roma, nascerà in una tempesta di critiche e applausi Sei personaggi in cerca d'autore, una delle opere teatrali più conosciute e studiate di Luigi Pirandello. Non si hanno indicazioni precise invece sull'innesco del congegno che superino i fatti e le circostanze documentate di quell'annata, una fessura che deve essere sembrata irresistibile per Roberto Andò.
Il regista siciliano deve aver intuito che il compito del cinema non è soltanto ricostruzione filologica o calco esatto di oggetti ben definito, ma anche evocazione, atmosfera e bugie a fin di bene. La stranezza è il filler di una zona d'ombra che fa dello spirito il suo obiettivo, liberandosi della pesantezza e degli ostacoli dell'adattamento. Non c'è arma migliore del tradimento per ottenere un risultato un risultato fedele all'originale.
La narrazione si concentra sulla commistione di arte e vita, una cifra centrale nella produzione di Pirandello, ancorandosi agli appigli forniti da biografia e cronologia per liberare l'intuizione di Leonardo Sciascia: "in Pirandello c’è una specie di invenzione del teatro, egli inventa, cioè nel senso più proprio trova, il teatro nella vita, nell’istintivo impetuoso scorrere di tragedia e commedia". Non si può ricorrere in appello alla partecipazione di Luigi Pirandello alla rappresentazione teatrale di La trincea del rimorso: ovvero Cicciareddu e Pietruzzu ad opera di Nofrio e Bastiano, ma non si può nemmeno fare a meno di pensare che la forma d'ispirazione dell'arte è la vita stessa. Il territorio della plausibilità e della verosimiglianza è spazioso e fecondo quando ospita una bella storia.
La stranezza è l'occasione giusta per ricordarci che in effetti è possibile raccontarne qualsiasi in qualsiasi modo. Dall'Ottocento in poi questo era prerogativa del romanzo, ma la comunicazione umana è dominata da schermi e prodotti audiovisivi e questi assomigliano agli anni del passaggio di testimone a folle velocità. Siamo affamati di storie, che sembrano non bastare mai nonostante un'offerta smisurata, ma quelle che si fanno largo nella folla sono quelle che conservano la delicatezza e il piacere della narrazione.
Lo strano trio Toni Servillo, Salvo Ficarra e Valentino Picone nei panni di Luigi Pirandello, Bastiano e Nofrio funziona perché riallaccia l'esattezza dell'avvenimento al mistero delle circostanze con la passione e la cura trasmessa dalla sceneggiatura dello stesso Andò e di Massimo Gaudioso. La macchina da presa canta e non emette rumori di ferraglia, il montaggio fila liscio come l'olio, e La stranezza che attanaglia la sensibilità di un uomo diventa afferrabile dal pubblico con la naturalezza del buon cinema.