Quale miglior correlativo-oggettivo della traslucida sequenza subacquea per ritrovare e sovraimprimere nell'immaginario comune tutta la sensibilità visionaria dell'opera di Jean Vigo? Metonimica allusione amorosa e sempiterno sigillo dei luoghi sconfinati del cinema. A testimonianza di ciò, nella sua rocambolesca ricerca dell'amante perduta, c'è il momento in cui Jean Dasté sembra voler toccare realmente con mano lo spettatore. Spaziando ovunque lo sguardo, si spinge sempre di più e lentamente verso Juliette\Dita Parlo e la macchina da presa: un saluto complice e silente a chi è dall'altro lato e si ritorna in superficie.

In L'Atalante la freschezza e ingenuità giovanili nella percezione della realtà coniugale si combinano a un senso estetico acutissimo, in un pieno sincretismo tra forma e contenuto: il montaggio combinato dell'insonnia notturna di Jean e Juliette, la delicata libidine di quei corpi in dissolvenza, a ogni visione, continuano a sottendere un universo di significati smisurato, da un'autentica idea di amore – declinato impressionisticamente in tutti i suoi vari aspetti – alla difficoltà nell'interpretare le proprie voci e contrasti interiori.

E se una notte d'inverno un viaggiatore s'imbatte in un'altra anima smarrita comincia la storia de Gli amanti del Pont-Neuf . Più̀ di mezzo secolo separa Vigo e Leos Carax, entrambi abilissimi analisti ed esegeti dell'intimità e della maniera in cui si dispiega. La relazione del Pont-Neuf si consuma nell'inquieta Parigi degli anni Novanta, tra una pittrice in procinto di perdere la vista e un clochard ridotto a vivere delle sole potenzialità del suo fisico seppur monco. Nonostante l'apparato formale a un primo colpo d'occhio dissimile, Carax ritorna sul corso degli eventi de L'Atalante traslitterando gli stessi nuclei metaforici con un risultato dalle immagini e sequenze ugualmente spiazzanti e altissime.

Nei termini in cui ne parlerebbe François Truffaut, si assiste all' “esordio nella vita di una giovane coppia, le difficoltà di adattarsi l’uno all’altra, con all’inizio l’euforia dell’accoppiamento (ciò che Maupassant chiama “il brutale appetito fisico ben presto spento”), poi i primi scontri, la rivolta, la fuga, la riconciliazione, e finalmente l’accettazione dell’uno da parte dell’altra." E Carax affronta queste stesse fasi.

Anzitutto c'è l'aspetto della nave\ponte come cantuccio, unico luogo lontano dai non-luoghi contaminati della città, per cui sia Juliette che Michelle\Juliette Binoche abbandoneranno temporaneamente i propri amanti, mettendo alla prova il proprio sentimento: la città, dunque, vista come un tentativo di conoscenza interiore, più sottile e veridica e il ponte e la nave come soli ancoraggi sicuri. Ci sono poi assonanze relative ad un personaggio in particolare, il patetico Père Jules che si incarna nel brutale Hans, l'uno il marinaio della nave, l'altro il guardingo difensore del Pont-Neuf. Entrambi mutilati dalla brutalità della vita, resi folli da un tentativo di affrancarsene, vanificato, tuttavia, proprio da loro stessi.

E c'è infine la non convenzionalità di questo umano che esige un amore totalizzante e lontano dalle regole del mondo borghese: nonostante il perdersi e ritrovarsi a primeggiare sarà un bisogno di evasione quasi romantica, culminante nella riconciliazione e nell'intramontabile ma delirante sequenza finale di Carax, non a caso a bordo di un altro Atalante.