Le avventure di Pinocchio versione cinematografica è n film ricucito delle sue parti, essendo nato come uno sceneggiato televisivo, con lo spirito dei romanzi d’appendice, come lo stesso materiale originale di riferimento, il celebre romanzo di Carlo Collodi. Forse la più riuscita delle trasposizioni di una delle più famose fiabe al mondo, la pellicola firmata da Comencini si propone di rappresentare con estremo realismo la vita di stenti degli ultimi della società, coloro che di mestiere fanno i poveri.
Un poetico e affamato Nino Manfredi (Geppetto) si aggira infreddolito e squattrinato alla ricerca di un po’ di compagnia. Da esperto falegname cerca di colmare la propria solitudine fabbricando una marionetta da un tronco di legno, che si rivela essere molto più esuberante e chiacchierone di quello che appariva. Il burattino, su cui veglia la fantasmatica fatina turchina (una misteriosa Gina Lollobrigida) diventa tale nella disobbedienza, mentre assume le fattezze di Andrea Balestri quando le regole vengono seguite con rigore.
Passando per Mangiafuoco (Lionel Stander), il Gatto e la Volpe (i macchiettistici Franco Franchi e Ciccio Ingrassia), fino alla legge in persona (Vittorio De Sica), Pinocchio deve affrontare le insidie e gli ostacoli che un mondo, tutt’altro che giusto, gli mette davanti. Comencini e Suso Cecchi D’Amico scrivono una sceneggiatura che esalta lo spirito ribelle di un personaggio che non vuole essere un burattino, imprigionato negli schemi e nelle imposizioni di una società elitaria e corrotta, ma che vuole in fin dei conti essere umano, libero di compiere le proprie scelte.
Nonostante la natura televisiva dell’opera, a colpire è il verismo della macchina da presa e la cura nella rappresentazione dei paesaggi, intrisi di una profonda malinconia. I pochi innesti fiabeschi accendono di poesia il crudo realismo della messa in scena, ma rappresentano anche le gabbie di una finzione consolatoria; che sia la casetta fantasma della fatina sospesa su un lago o lo stomaco fin troppo confortevole di un pescecane. Il binomio tra fantasia e realtà che Comencini mette in scena è affascinante e ci ricorda quanto sia importante l’immaginazione per colorare una quotidianità insopportabile, ma anche quanto possa essere pericolosa, facendoci dimenticare di vivere.
La vera fantasia è nelle gesta trasgressive di un’anima pura come quella di Pinocchio, che proprio per questo viene punito, raggirato, ingannato, finanche ucciso. Il coraggio di osare, di sbagliare e di imparare dai propri errori sono le virtù che Comencini mette a fuoco con grande passione, finezza narrativa e compositiva. Come in un’Odissea al contrario, il padre intraprende un viaggio per ricongiungersi al figlio, che diventa una possibilità di rinascita e riscoperta di sé. Attraverso la propria arte Geppetto riscopre quel fanciullino che l’adulto non ricordava più di essere.
La forza rivoluzionaria del mondo infantile risveglia dal torpore il vecchio rassegnato e lo invita ad uscire dalla “caverna di Platone” per poter ritrovare il coraggio di vivere.