Dai preziosi archivi del Fondo Calendoli della Cineteca di Bologna, peschiamo oggi articoli d’epoca relativi alla presentazione di Le mani sulla città (riportato in sala in questi giorni grazie al progetto Cinema Ritrovato al Cinema). Vincitore del Leone d’Oro per il Miglior Film nel 1963, il lavoro di Rosi venne immediatamente riconosciuto nella sua forza e nella sua capacità di fondere tensione morale e robusta espressività stilistica (forse la dimensione più dimenticata del cinema di Rosi).

 

Ugo Casiraghi, ‘Le mani sulla città’, inesorabile requisitoria contro i pirati delle aree, in ‘l’Unità’, 6 settembre 1963

Un film splendido. Senza possibilità di dubbio in questo Mani sulla città, la XXIV Mostra Internazionale d’arte cinematografica ha trovato oggi il suo ‘Leon d’Oro’. […] È un film che ha tutto: passione umana, impegno morale, approfondimento artistico, sapienza tecnica, coraggio civile. Preparandolo, scrivendolo, realizzandolo (due anni di lavoro), Rosi ha firmato la sua opera più matura. Più matura anche nei confronti di Salvatore Giuliano che eguaglia in drammaticità, ma sopravanza in coerenza e chiarezza. […] Francesco Rosi, applaudito intensamente e a lungo, ha dimostrato anche nella conferenza stampa la stessa serietà, la stessa passione, che gli hanno dettato il suo film. […] Un regista che ha fiducia nella ‘comunicazione’, che concepisce la democrazia come un dibattito permanente, in cui però si denuncino le cose che non vanno, con la volontà di trasformarle. Non solo lezione di un film. Ma anche, quasi a chiusura della Mostra, lezione di un cinema.

 

Maurizio Liverani, Tensione artistica nella requisitoria di Rosi contro la speculazione edilizia, in ‘Paese sera’, 6 settembre 1963

Il cinema ha tentato raramente – e sarei più propenso a dire mai – una impresa così piena di dignità e di rischio […]. Le mani sulla città è una stupenda opera cinematografica non nel senso oratorio, ma perché la tematica ideologica è assorbita completamente nella narrazione cinematografica, senza con ciò svuotarla di significato. Diciamo questo per sgomberare subito il campo da quello che a noi sembra un equivoco, del resto non proprio disinteressato. Da ieri infatti assistiamo a tentativi di diminuire il valore delle Mani sulla città […]. Rosi inaugura un nuovo genere di cinema in quanto traccia la via a un genere che, pur con alta tensione artistica, affronta temi nazionali per indicare i nessi che legano la vicenda di ognuno alla storia di tutti. Una via che i nostri registi hanno sinora percorso timidamente nel timore di cadere nel cinema a tesi.

 

Giovanni Grazzini, Con ‘Le mani sulla città’ l’Italia mira al Leone, in ‘Corriere della sera’, 6 settembre 1963

L’anno scorso dopo Cannes, Francesco Rosi ebbe a dichiarare di non aver alcuna fiducia nei festival. «Vorrei – aggiunse – che i miei film non venissero mai accettati». È dunque un ben strano destino, il suo, di andare, con ogni film fatto dopo il 1957, a tutti i festival, e di non tornare mai a mani vuote. Nel ’58, a Venezia, divise con Malle il ‘Leone d’oro’ per La sfida; nel ’60, a San Sebastiano, vinse con I magliari; nel ’62, a Berlino, con Salvatore Giuliano. E quest’anno a Venezia, pone una serissima candidatura al massimo premio con Le mani sulla città. […] È la prima volta che un film è buono nonostante una così attuale – e ovviamente tendenziosa – polemica politica. Lo si deve alla penetrazione realistica con cui lo stile critico di Rosi dichiara la sua passione morale e la sua lucidità razionale, alla fotografia di Di Venanzo, alla robusta musica d Piccioni, all’ottima recitazione di Rod Steiger, che ancora una volta dà fortissimo risalto alla livida figura di un uomo d’affari che si comporta da bandito.

 

Pietro Bianchi, Degno del Leone ‘Le mani sulla città’, in ‘Il Giorno’, 6 settembre 1963

Infine, proprio agli sgoccioli, è giunto l’unico film, di tutti quelli visti sinora, pienamente degno del Leone d’oro: Le mani sulla città di Francesco Rosi. […] Francesco Rosi ha poco più di quarant’anni; appartiene a quella generazione di intellettuali partenopei che si formarono all’ombra del savio di Pescasseroli, Benedetto Croce. Un po’ amandolo, un po’ ripudiandolo, ma sempre tenendone presente la lezione di lucidità intellettuale e di impegno morale. […] Insolitamente nel film di Rosi mancano le firme di abili sceneggiatori, mentre sono presenti uno scrittore politico, Enzo Forcella, e un romanziere di moderna tradizione, Raffaele La Capria. […] Francesco Rosi ha scelto Napoli per ambientarvi la sua storia per due buone ragioni: perché a Napoli c’era una situazione, sino a pochi anni fa, d’eccezione e perché conosce ovviamente assai bene la metropoli dove è nato. […] Se la camorra dormicchia, se Giuliano e Pisciotta sono morti, se i ‘magliari’ hanno trovato da fare meglio in attività più lucrose, il fenomeno della speculazione.