L'autobiografia dell'attrice bambina Maria Letizia Pascoli si chiude con un approfondimento nato dal scoperta di alcune lettere di suoi ammiratori.
Parlami d'amore Mariù
Nel 1941 Mariù Pascoli interpreta il ruolo di Ombretta in Piccolo mondo antico e nel giro di una notte diventa la bambina più famosa d’Italia. Piovono le lettere degli ammiratori, spesso soldati, dagli ospedali o dal fronte, più spesso bambini.
Uno di questi, Roberto Vivarelli, dodici anni, ha un vantaggio sugli altri. Dice di essere il nipote di Maria De Matteis, la costumista del film di Soldati, e di essere in grado di farle avere uno dei suoi abiti di scena (lettera del 28 aprile 1941). Successivamente dovrà ammettere che anche la zia Maria non può nulla e che per il costumino occorre rivolgersi alla sartoria Cerratelli, via della Pergola 44, Firenze (lettera del 15 luglio 1941). Ma Roberto non demorde. A giugno del ‘41 è in vacanza a Merano dagli zii. Il 29 del mese è di ritorno a casa a Siena e per le 18,50 passerà col treno da Bologna. La sua speranza è che Mariù si faccia trovare in stazione così da poterla vedere in carne e ossa. “Io indosserò il costume tirolese di questi posti e starò al finestrino così le sarà facile individuarmi” (lettera del 27 giugno 1941).
Mesi più tardi scrive ancora alla madre di Mariù: “Quando sono tornato da Merano avevo comprato uno spillino intagliato nel legno credendo di poterlo dare a Mariù alla stazione di Bologna, ma poi non potei vederla e lo spillo è rimasto sempre lì, ora mi è tornato a mente e glielo spedirò.” (lettera del 22 novembre 1941). Intanto Roberto ha già ricevuto una foto con dedica, ne ha spedite un paio di sue, le ha chiesto quando compie gli anni e per l’occasione le ha spedito una scatola di canditi. Lui gli anni li compie l’8 dicembre e darà una piccola festa, “mi dispiace che Mariù non stia a Siena, perché l’avrei invitata volentieri.” (lettera del 22 novembre 1941).
Il 13 dicembre Roberto si rallegra del fatto che Mariù abbia gradito il suo spillo “e che lo porti spesso”. Segue un biglietto d’auguri per Pasqua poi più nulla fino al 10 ottobre 1942. Roberto è stato preso al Collegio Navale di Venezia, dopo aver superato gli esami a quello di Brindisi, al momento è a Siena “dato un infezione [sic!] ad un piede tuttora non completamente guarita”, ma è in partenza per Venezia. “Mi dispiace di non averla potuta avvertire prima, perché forse avrebbe potuto portare Mariù alla stazione”.
Gli va buca di nuovo, ma è certo che i due alla fine si siano incontrati a Venezia. Scrive Mariù nelle sue memorie: “Sembra impossibile ma anch'io ricevetti all'epoca una dichiarazione da parte di un magrissimo e piuttosto brutto quattordicenne che, dato l'ambiente, vestiva la divisa delle milizie fasciste, come del resto suo fratello diciottenne brigatista e sua madre ausiliaria. ‘Sei irresistibile’ mi disse Roberto, con mio grande stupore. Da anni cercava di conoscermi, essendo il nipote della costumista di Piccolo mondo antico, Maria De Matteis, che gli aveva fornito il mio indirizzo: periodicamente mi scriveva annunciandomi il suo passaggio alla stazione di Bologna e implorandomi di farmi trovare al binario del suo treno. Mamma regolarmente ignorava i suoi disperati richiami, ma non aveva potuto evitare di conoscerlo a Venezia.”
La corrispondenza termina qui (8 lettere, un biglietto d’auguri e una cartolina in tutto), però non è difficile recuperare le tracce di un Roberto Vivarelli, nato l’otto dicembre a Siena, allievo giovanissimo del Collegio Navale di Venezia. Lo stesso che nel 1944, scappato dal Collegio, si sarebbe arruolato assieme al fratello Piero nelle Brigate Nere della Repubblica di Salò.
Finita la guerra Roberto Vivarelli diviene socialista, si laurea a Firenze per diventare alla fine professore emerito di storia contemporanea alla Normale di Pisa. Il fratello Piero invece diventa comunista che più comunista non si può. L’unico italiano, a quanto pare, a ricevere la tessera del Partito Comunista Cubano dalle mani stesse di Fidel. Diventa anche regista, il fratello Piero. Regista di Rita, la figlia americana con Rita Pavone e di Il dio serpente con Nadia Cassini, nonché paroliere (sono suoi i testi di 24.000 baci e di Il tuo bacio è come un rock di Adriano Celentano). Entrambi i fratelli negli anni successivi avrebbero raccontato le loro esperienze giovanili rivendicando la moralità della loro scelta “per quanto dalla parte sbagliata”. Roberto arrivò a scrivere anche un libro autobiografico (La fine di una stagione. Memoria 1943-1945, Il Mulino, 2000) che produsse un comprensibile scandalo.
Certo che fa un certo effetto leggere le lettere adolescenziali dell’allievo di Gaetano Salvemini e di Federico Chabod, nonché futuro autore della monumentale Storia delle origini del fascismo in tre volumi. Fa un certo effetto notare che scrive “telegramma” con una sola emme e “un infezione” senza l’apostrofo, ma non c’è nulla nelle lettere di cui dovrebbe vergognarsi. Questa è una storia d’amore puro, non di grammatica.
Roberto Vivarelli muore a Roma il 14 luglio del 2014 senza sapere, probabilmente, che la sua fiamma infantile, non più attrice, era diventata un’affermata clavicembalista, titolare per 27 anni della cattedra al Conservatorio di Pesaro. Mariù Pascoli muore a Bologna il 6 novembre 2018, senza sapere, probabilmente, d’essere stata l’oggetto del desiderio di uno dei massimi storici italiani del ‘900. I due non si sono mai più visti. Che si sappia.
Resta l’immagine del giovanissimo Roberto alla stazione di Bologna la sera del 29 giugno del ‘41, vestito da tirolese e con una spilla di legno in tasca, che s’affaccia trepidante al finestrino nella speranza di vedere una bimba che, peraltro, non si è neppure mossa da casa. Niente di cui vergognarsi.