Marisol sta aspettando di fare la prima comunione, e guarda passare la Madonna della Mercede per le strade con l'emozione e la meraviglia dello straordinario. Vive nel rione Capo di Palermo con i fratelli e un padre che campa di lavoretti, mentre la mamma non c'è più. C'è qualche amichetta ma soprattutto ci sono molti schermi: di televisione, di computer, di telefonino. Le sue giornate scorrono lente e regolari, fra molti non detti familiari e la ricerca di un posto tutto per sé e le proprie fantasticherie interiori, come suggeriscono i versi da “Lamento di fanciulla” di Rainer Maria Rilke posti a esergo del film.

Realizzato come saggio di diploma per la sede siciliana del Centro Sperimentale di Cinematografia, dedicata alla regia di documentari, Marisol si è fatto notare approdando al festival Visioni dal mondo 2019, da cui è uscito vincendo sia il concorso italiano che il premio RAI Cinema, e viene ora presentato a Visioni Italiane 2020 nella sezione Visioni Doc. Camilla Iannetti, classe 1993, di questo mediometraggio di poco meno di un'ora ha curato tutto: non solo regia, ma anche soggetto, sceneggiatura, fotografia e montaggio.

Iannetti, laureata in antropologia culturale, si è avvicinata ai suoi soggetti con spirito da etnografa, e si vede nella sua capacità di rendere il proprio occhio invisibile sia a chi sta al di qua, sia a chi sta al di là della sua cinepresa. Frutto di un anno di lavoro a contatto con i protagonisti, Marisol è uno scavo nelle potenzialità dell'anticlimatico, cui non interessano i grandi eventi ma le minuzie e le regolarità del quotidiano. Lo stesso finale, con la tanto anticipata comunione della bambina, non ha l'afflato del climax narrativo ma si presenta piuttosto come un momentaneo sollievo, una estemporanea e meritata parentesi di vacanza dall'ordinario.

Una storia potenzialmente da libro Cuore viene gestita con rigore di intenti e sguardo asciutto, ma al contempo empatico e attento. Iannetti non giudica e non assolve, nel riprendere temi che evidentemente si addicono alla sua sensibilità e che aveva già esplorato nel corso delle opere precedentemente realizzate negli anni di studio al Centro Sperimentale: le dinamiche familiari fra genitori e figli di Uno, due, tre e quelle di gruppo di Schritten, realizzato presso il coro di voci bianche delle Teatro Massimo di Palermo. Qui però, rispetto ai suoi precedenti lavori, a loro modo più chiassosi, stridenti ma anche vitali, resta un sentore di fondo, oltre lo scenario sociale e la coralità del racconto, di una condizione essenziale in cui ognuno è alfine solo.