Con Matrimonio in quattro (1924) Lubitsch si destreggia nella sua classica commedia matrimoniale. Il titolo inglese, The Marriage Circle, indica più chiaramente l’argomento del film, caratterizzato da un intreccio di coppie e incomprensioni. Mizzi (Marie Prevost) è sposata con un Josef (Adolphe Menjou) che non ama più. Punta quindi Franz (Monte Blue), sposato con la sua migliore amica Florence (Charlotte Braun). Quest'ultima è amata segretamente da Gustav (Creighton Hale) collega di Franz. Josef è stanco dei capricci della moglie e decide di ingaggiare un detective che possa trovare un pretesto per il divorzio...

La coppia Mizzi-Josef sembra esattamente antitetica rispetto a quella Florence-Franz: la prima è basata sulla sfiducia e l’insofferenza, la seconda sull’amore e l’incondizionata fede l’uno nell’altro. Ed è proprio l’intrusione di Mizzi a creare delle possibili crepe nella relazione apparentemente perfetta dell’amica; da una parte intraprendendo una missione di seduzione verso Franz e dall’altra alimentando i dubbi di Florence.

La commedia gioca con la morale dell’epoca e per certi versi va oltre a quanto ritenuto accettabile. Franz e Florence, entrambi colpevoli involontari, rinnovano nel finale la loro promessa d’amore, mentre in molti altri film si sarebbe optato per una rottura totale. I due istigatori si ritroveranno invece a consolarsi a vicenda, lasciando Josef contento di essersi liberato dei capricci della ormai ex moglie. Rispetto a film successivi come Il ventaglio di Lady Windermere (1925), manca completamente il contorno dell’alta società giudicante. I peccati delle due coppie si sciacquano in casa propria e tutti possono vivere la lor vita felici.

Se Matrimonio in quattro può sembrare una commedia tipica alla Lubitsch, essa è in realtà un punto di svolta per il regista, che dopo il trauma di Rosita era intenzionato a lasciare gli Stati Uniti. Fortunatamente la Warner gli offre la possibilità di girare un film in libertà e questo diventa un modo per cercare di sperimentare e adattare il proprio stile al suo nuovo pubblico. Lubitsch sembra voler andare un po’ a tentoni, regala qualche guizzo ma il suo tocco è sbiadito.

Questo non significa che non riesca a creare momenti memorabili: la sequenza più bella è quella in cui Gustav entra nello studio di Franz trovandolo di spalle avvinghiato tra le braccia di una donna che non vede. Ignora che quelle braccia appartengono a Mizzi, e dà per scontato che siano quelle di Florence che trova però subito dopo nell’anticamera. Un altro elemento critico è la scelta del cast perché se Marie Prevost e Adolphe Menjou si dimostrano incredibili nel giocare con gli sguardi, la mimica e la prossemica, gli altri attori sembrano meno in grado di farlo e questo limita tantissimo una sceneggiatura potenzialmente molto promettente.

Rivedere Matrimonio in quattro vuol dire sostanzialmente scoprire da dove tutto è iniziato perché è qui che emergono i semi di uno stile che rivoluzionerà la commedia cinematografica.