Dopo La Mia Vita con John F. Donovan, ambizioso quanto fallimentare progetto in lingua inglese, Xavier Dolan torna nel natio Canada con l’ultima opera Matthias e Maxime. E lo fa con una storia di amore e amicizia, che va a legarsi con naturalezza alla sua filmografia precedente.

Matthias (Gabriel D’Almeida Freitas) e Maxime (lo stesso Dolan) si conoscono fin dall’infanzia. Anche se nascondono i propri sentimenti, tra i due sembra essersi sviluppato qualcosa che va oltre l’amicizia. Sarà un bacio, filmato dalla sorella di Matthias per uno short-film, a cambiare il rapporto tra i due. Matthias e Maxime sono totalmente diversi e appaiono completi solo se insieme. Il primo è un avvocato prossimo ad un avanzamento di carriera, mentre il secondo, costretto per anni ad accudire la madre malata, sta per lasciare Montréal per l’Australia. Attorno a loro ruota un gruppo di amici, che ha forse intuito il rapporto speciale tra i due.

Dolan ripropone i temi caratteristici del suo cinema, come la difficile relazione tra madre e figlio e la scoperta/accettazione della propria sessualità. Il suo è un film umano e sincero, che trasporta lo spettatore dentro alle emozioni vissute dai protagonisti. Questa volta Dolan preferisce immagini fortemente espressive ai lunghi dialoghi che caratterizzavano invece È solo la fine del mondo. Qui, il regista colloca i dialoghi nelle scene di gruppo, mentre riserva ai due protagonisti sequenze eleganti che lasciano intendere i loro stati d’animo. Ne è esempio la notevole scena in cui Matthias, a seguito del bacio con Maxime, si sfoga andando a nuotare. Ad un dialogo esplicativo tra i due, Dolan preferisce immagini silenziose, in cui l’unico suono percepibile è la musica extradiegetica.

C’è chi non ama le ostentate scelte registiche di Dolan, gli effetti accelerati, la musica pop che incombe pesantemente nella narrazione e la teatralità di alcuni momenti. Qui però questa serie di elementi risulta ben calibrata e funzionale alla storia. Uno dei punti di forza della pellicola è il modo in cui è messo a fuoco il difficile periodo che precede i trent’anni. Quello in cui tentiamo, spesso senza riuscirci, di capire chi siamo. Gli anni in cui perdiamo la spensieratezza e in cui – per dirla con le parole di Virginia Woolf - abbandoniamo vecchie illusioni, per cercarne altre. Dolan traduce tutto questo sullo schermo in maniera magnetica e vibrante.

Ma la vera sorpresa sono lo stesso Dolan e Freitas, capaci con i loro volti fragili di comunicare attraverso un semplice sguardo, quello che non riescono a dire con le parole. E sono questi momenti di silenzio come quello in cui Matthias corre per le strade di Montréal, o l'altro in cui Maxime, prima di partire, trova un disegno d’infanzia fatto dall’amico, a conferire alla pellicola una straordinaria potenza emotiva. Matthias e Maxime è un film importante nella carriera di Xavier Dolan perché conferma il talento del giovane autore. Anche se deve ancora crescere a livello stilistico e forse abbandonare certe ridondanze, il cinema di Dolan ha un dono non comune e da non sottovalutare: quello di farci sentire vivi.