Il film Mon Crime - La colpevole sono io, ventiduesimo lungometraggio del prolifico ed eclettico regista François Ozon, presentato in anteprima alla XIII edizione del  festival Rendez-Vous di Roma,  è una deliziosa commedia poliziesca ambientata negli anni Trenta a Parigi che costituisce, dopo 8 donne e un mistero (2002) e Potiche (2010) l’ultimo tassello di una trilogia in cui il regista francese riflette nuovamente sulla condizione femminile, questa volta nel mondo del cinema, con riferimenti più che espliciti al caso Harvey Weistein e al movimento #metoo.

Liberamente ispirato all’omonima pièce teatrale del 1934 (scritta da Georges Berr e Louis Verneuil), il film rende omaggio sia al teatro coevo che alla leggerezza della screwball commedy dell’epoca d’oro del cinema hollywoodiano anni Trenta e Quaranta, una fortunata formula plasmata da registi tedeschi come Ernst Lubitsch e Billy Wilder, premiatissima dai botteghini, fatta di dialoghi serrati e toni caustici tra i due sessi che decostruiscono gli stereotipi di genere, gag inverosimili e improvvisi colpi di scena.

A Parigi la bella Madeleine Verdier (Nadia Tereskiewicz), aspirante attrice squattrinata e senza ingaggi, viene accusata dell’omicidio di un famoso produttore; con l’aiuto della sua amica e sodale Pauline (Rebecca Marder), una giovane avvocatessa disoccupata e scaltrissima, Madeleine con un coup de théâtre si accolla il delitto e viene assolta per legittima difesa, guadagnando finalmente le agognate luci della ribalta e diventando, al contempo, una icona femminista ante litteram. La sua carriera di attrice spicca il volo, come quella di Pauline, ormai ricercatissima avvocatessa; per tutta la vicenda, in uno spirito di autentica sorellanza, il duo riesce a capovolgere il sistema, piegando a proprio vantaggio gli schemi patriarcali tristemente prevedibili in voga negli anni 30.

Ma ecco pronto un nuovo colpo di scena: una ex diva del cinema muto Odette Chaumette (personaggio ispirato alla divina Sarah Bernhardt interpretata da una esilarante Isabelle Huppert) in ristrettezze economiche e ormai sul viale del tramonto, si affaccia all’orizzonte dei rosei destini delle due protagoniste, rimescolando le carte in tavola e rivendicando per sé il delitto. Per il personaggio di Chaumette, che nella commedia del 1934 è un uomo, il regista ha curato il mantenimento dello stesso linguaggio rude del testo originario, rendendo così l’interpretazione della Huppert particolarmente bizzarra e divertente.

Ispirandosi alla comicità da boulevard e all’umorismo assurdo dell’opera teatrale da cui è tratto, il film di Ozon (qui nel duplice ruolo di sceneggiatore e regista) fornisce agli attori un quadro in cui eccellere: alle riuscite performance delle due protagoniste Tereskiewicz e Marder, astri nascenti del nuovo cinema francese, si affiancano le interpretazioni brillanti delle star Isabelle Huppert, Fabrice Luchini e Dany Boon, che regalano al pubblico momenti di gioiosa ilarità pur trattando temi spinosi e sempre attuali su cui riflettere.