Quando si parla di distopia si fa quasi sempre (e inevitabilmente) riferimento al futuro. Ma Nuevo orden di Michel Franco, che il termine “distopico” pare averlo cucito addosso, parla di un presente più che prossimo. Sarà pure banale ribadirlo, ma il Messico di Michel Franco è lo stesso di oggi, scenario di disparità sociale ed economica senza pari. Ed è forse per questo motivo che Franco tenta di restituire il terrore della “caduta libera”, quando tutte le certezze e i rituali della società così come la conosciamo vengono smantellati senza possibilità di appello.
Immaginiamo il matrimonio sfarzoso di una famiglia altolocata. Immaginiamo di esserne più che spettatori, invitati. Indugiando a lungo sul ricevimento, Franco ci inserisce all’interno dei festeggiamenti: un punto di vista più che privilegiato che ci permette di respirare in sincrono col mondo dell’alta borghesia. Percorrendo la casa in lungo e in largo abbiamo la possibilità di essere “presentati” agli sposi e alle loro famiglie e di fare la conoscenza dei domestici, il ceto più basso. Con lo sguardo fisso alle rispettive idiosincrasie, respiriamo un’aria di disparità tesa ma ancora timida. Per un tempo decisamente esteso vaghiamo annoiati per le sale, assistiamo ai preparativi e alla consegna dei doni di nozze, ascoltiamo i discorsi astiosi degli uni nei confronti degli altri. Ma è solo quando un gruppo di rivoltosi armati fa irruzione in casa che il tono del film ci appare chiaro, limpido. Lo scenario è quello di una pentola a pressione pronta a esplodere e la spirale di violenza può solo girare più vorticosamente.
Quel che fa Michel Franco con Nuevo orden è puntarci una pistola alla tempia. Il gruppo di rivoltosi, gli instauratori del “nuovo ordine”, sono un gruppo sociale che ha come unica motivazione quella di contrastare i ceti più abbienti. Da questo punto di vista, Nuevo orden rappresenta la morte delle ideologie sempre più diffusa nell’oggi extra-diegetico: non ci sono rivoluzionari, ma solo chi reagisce istintivamente a un presente insopportabile. Le motivazioni dei rivoltosi non scaturiscono che da “sensazioni” e il conflitto si consuma lasciando indenni i veri responsabili del divario.
La perdita della coscienza individuale non risparmia nemmeno i personaggi più solidali e allo spettatore non resta che fare i conti con la confusione — se ne ha il tempo. Sì, perché Franco non ha intenzione di lasciarci lì a rimuginare sui semi del conflitto, ma su altri tipi di dinamiche. Quando cerchiamo di mettere insieme i pezzi, quelle che sembravano le vittime autentiche del sistema ci appaiono come carnefici feroci e impietosi. E noi, invitati a un matrimonio, siamo ora costretti a puntare l’occhio su tutte le nefandezze del potere, da quelle più brutali a quelle più subdole.
Gran premio della giuria a Venezia 77, Nuevo orden è un singulto violento senza controllo e senza tregua. Tra le critiche mosse alla pellicola, che vede Michel Franco in stato di grazia circa il controllo della scena, ricorrono una mancanza di coraggio nel marcare una linea narrativa nitida e un’esibizione eccessiva del sadismo che non lascia spazio a riflessioni di sorta. Se da un lato ciò è condivisibile, bisogna ribadire che Nuevo orden è un “helter skelter” che vuole evidenziare le strutture nascoste dietro la violenza più manifesta e riconoscibile. Non le “ragioni” della violenza, ma i corsi e ricorsi storici che conducono alla sua orchestratissima arbitrarietà: un circolo vizioso che rievoca antiche dittature militari e nuovissime manipolazioni. E nel caos della messa in scena, non possiamo che osservare irretiti e inermi l’irriducibile assenza di empatia, la vera deriva di una società allo sbando.