“Questa storia è quasi del tutto vera”, avverte guardinga la nota che apre Old Man & the Gun, il film con cui Robert Redford saluta il pubblico e conclude la sua carriera di attore. E su quante storie quasi del tutto vere si muove, sonnacchioso e gentile, il regista David Lowery, nel comporre questo piccolo labirinto a più voci di racconti mezzi veri e mezzi inventati, ricordàti, immaginati e rilanciati dai suoi personaggi, come lui irrimediabilmente smarriti nel piacere dell’affabulazione.
Comincia, e non potrebbe essere altrimenti, il fuorilegge Forrest Tucker di Redford, il quale, per sedurre Sissy Spacek, che ha abbordato immediatamente dopo aver rapinato una banca, pensa bene di raccontarle la sua arte di rapinatore-con-stile, proprio come faceva un giovanissimo Brad Pitt in quel Thelma & Louise che nel ’91 lo lanciò come il nuovo Robert Redford del cinema americano. Una conversazione lunga e sorniona, in cui ai serafici primi piani dei due maturi amanti si alternano, nella prima delle svariate scatole cinesi congegnate da Lowery, le immagini dei successivi passaggi di quell’appuntamento. Prosegue il poliziotto Casey Affleck, alle calcagna di Forrest, che per smorzare la noia del figlio, con lui in fila in banca proprio mentre Forrest è discretamente intento a rapinarla, racconta a lui e a noi una buffa barzelletta su una rana in fila in banca. Impossibile seguire contemporaneamente sia l’allegra storiella sia la rapina in corso, e che piacere trovarsi costretti a scegliere a quale delle due sottrarre attenzione in favore dell’altra. Tocca poi al direttore di quella banca raccontare i fatti ai poliziotti ed accorgersi di non essere nemmeno certo di aver visto una pistola sotto l’impermeabile di Forrest, così come, nella cronaca dei suoi tanti colpi resa ad Affleck dal collega poliziotto, si conferma e si smentisce l’utilizzo dell’arma da parte di Tucker, in un divertito crescendo di confusa ammirazione da parte di entrambi per gli affascinanti metodi del recidivo rapinatore.
Commoventi poi i racconti al passato di Tom Waits, partner in crime di Redford, che ricorda il sé bambino scambiato dal patrigno per un pericoloso ladro, e di Sissy Spacek, vedova serena ma desiderosa di buona compagnia, e quello al futuro della figlioletta di Affleck, persa in romantiche fantasie sulla caccia al ladro da parte del padre, il miglior segugio di tutti. Infine, racconto nel racconto nel racconto, ecco l’elenco confessione delle 16 evasioni di Tucker, consegnato a mo’ di lettera da Redford a Jewel (Spacek), e per immagini da Lowery a noi, in una sequenza che mescola scene di totale finzione ad altre di finzione dimezzata -o raddoppiata!-, tratte proprio da pellicole del passato di Redford. La storia del personaggio del film diventa il racconto della carriera di Redford, che diventa a sua volta compendio di parte della storia del cinema americano e di un’intera epoca, non solo cinematografica.
Ogni cosa è illuminata dalla luce del passato, ma anche da quella del futuro, cui Forrest-Redford non ha alcuna intenzione di abdicare per chissà quale tempo scaduto o fondo pensione conservato in banca.