società liquida: loc. s.le f. Concezione sociologica che considera l’esperienza individuale e le relazioni sociali segnate da caratteristiche e strutture che si vanno decomponendo e ricomponendo rapidamente, in modo vacillante e incerto, fluido e volatile.

Come l’acqua, sotto varie forme: cascata, fiume, getto, lento o veloce che sia. Così è la macchina da presa di Jacques Audiard in Parigi, 13 Arr.: scorre dall’alto parallela a terra sul quartiere-pagoda del distretto parigino che dà il nome al film, plana verticale, seduttiva e morbida, sulle finestre illuminate dei suoi condomini-torre, accelera verso i personaggi andando loro incontro mentre scendono le scale, li carrella lateralmente in slow-motion quando accennano a un passo di danza dopo un futile incontro sessuale, su un ipnotico continuum sonoro di musica elettronica.

Émilie, Camille e Nora sono palle da biliardo singole e sospese, monadi confuse e immature, trentenni loro malgrado in ritardo su tutto -studio, lavoro, famiglia- come da regola consolidata nella multiculturale Europa degli anni 2020. Eppure bisognosi di relazione e amore, iperconnessi, soli a sufficienza da non avere idea di cosa sia l’andare oltre a sé, obbligati a smettere di stare semplicemente a galla per imparare a nuotare, comunque senza boe a riferimento. A completare l’effetto acquario, poi, Audiard chiama il bianco e nero della fotografia, spezzato solo da una sconcia video-dedica a colori che pare uscita da Sesso sfortunato o follie porno, introduzione all’iper irregolare Amber Sweet, quarto incomodo che spezza a sua volta il triangolo nouvelle-vagueiano del film.

Émilie, che è di origini cinesi e dalla laurea lavora in un call center, affitta una stanza dell’appartamento in cui vive, di proprietà della nonna, a Camille, insegnante che studia per il dottorato, si aggrappa a lui e forse se ne innamora, non ricambiata. Camille lascia la casa, intraprende un’altra storia e il lavoro di agente immobiliare, incrociando così Nora, inibita ragazza di provincia che assume in agenzia e per la cui casta fragilità perde la testa, mentre quella di lei si addentra via Skype nel mondo e nel corpo di Amber Sweet, lavoratrice del porno on line.

Di poco più grandi dell’Alana di Licorice Pizza, questi figli putativi di Audiard sono molto più irrisolti e spaesati non solo di lei, ma persino di Gary, che ad appena quindici anni ha già trovato la sua strada e la sua donna. E se Gary e Alana negli anni ’70 corrono, si abbracciano e si tengono per mano, i tre di Parigi, 13 Arr. consumano subito, spesso e male, con chi capita, non attrezzati per filtrare le esperienze e ostacolati nel provarci da app di incontro e “revenge porn”.

Dalle derive di una modernità impermanente e incerta si fa strada ciò che per Gary e Alana è invece materia prima: il dialogo. Quello fra Émilie e Camille, sempre più amici fra una chiacchierata sul tetto del condominio o al ristorante dove restano fino a tardi a parlare, fra Camille e la sorella obesa e balbuziente alle prese con l’esame di maturità e fra Amber Sweet e Nora, che vira dall’estensione virtuale a quella materica in un catartico pomeriggio di sole.

Ma il finale è il risultato di movimenti ondivaghi, e in questo variabili e si sospetta ricorsivi, che il fin troppo comprensivo Audiard lascia aperti, poco prima che pandemia e sconvolgimenti mondiali di varia natura rilancino ulteriormente il discorso e si riflettano a cascata su ogni aspetto delle vite di tutti, rapporti inclusi.