Cassie è una trentenne emarginata, vive a casa dei genitori e la sua esistenza è stata irrimediabilmente segnata dallo stupro e poi dalla morte dell’amica Nina. In seguito all’evento traumatico, ha lasciato la facoltà di medicina e si è ritirata a lavorare in un rassicurante bar, mentre la notte gira per i locali della città adescando sconosciuti e fingendosi ubriaca per poterli punire in modo esemplare. Cassandra, interpretata da Carey Mulligan, non è la solita eroina in cerca di vendette sanguinolente, come quelle filmate da Zarchi, Craven o Tarantino. Nei loro film lo stupro era esibito e le colpe maschili, soffocate nel sangue, si risolvevano in un grand guignol femminista. La penna di Emerald Fennell, miglior sceneggiatura originale agli Oscar 2021, inventa invece una donna che punisce e raddrizza l’altro sesso con scaltro sadismo. L’uomo, abbrutito e assuefatto alla cultura dello stupro, viene piegato da una donna che è più strategica che muscolare.
Una donna promettente è sì un rape & revenge, ma qui lo stupro è solo evocato e la vendetta si risolve in una drammaturgia cadenzata che rielabora le colpe maschili senza eccessive inondazioni di sangue. Messe da parte le esplosioni gore di Revenge di Coralie Fargeat, che pure aveva una sua forza nel cercare di operare una revisione critica dell’exploitation, Emerald Fennell segue la donna nella sua missione salvifica, avendo cura di porla sempre al centro dell’inquadratura e concentrando la sua scrittura composta nella rielaborazione del tragico: lo stupro dell’amica, cui è seguita la sua morte; il muro di omertà e reticenza di chi ha preferito tacere; la violazione fisica e virtuale del corpo femminile; l’insabbiamento dell’accaduto da parte della alte sfere. Sotto scacco è dunque l’intero mucchio selvaggio responsabile del crimine.
La vendetta, partorita dal fantasma di Nina, l’amica annientata dalla violenza subita, deflagra in un mondo fin troppo colorato per ospitarvi uomini biechi e “ineducati”, ma il colore, dei macaron ben esposti nel bar in cui lavora la protagonista, del fiotto di ketchup che scola sul suo braccio o della gomma da masticare che lei esibisce mostrando finta innocenza, è la tonalità accesa della mercificazione, che per osmosi diventa una critica alla donna oggetto, come ha insegnato bene Margaret Atwood nel romanzo La donna da mangiare. Cassie, invece, mangia, inghiotte, spreme dalla psiche maschile ogni residuo di vergogna e pudore, senza pietà, senza misura alcuna. L’educazione di genere che Cassandra impartisce ai colpevoli è dunque il centro propulsivo della narrazione: l’uomo è “poor”, come dice lei stessa quando si rivolge a uno dei tanti maschi accalappiati di notte (non può che venire in mente la “poor Sara” di un’altra epoca e di un altro film), e deve essere ricondotto alla retta via attraverso umiliazioni e giochi di potere in cui si ribaltano i ruoli del maschile e del femminile. La protagonista diventa simbolo, poi martire, di un post-femminismo votato a una pedagogia dei generi, messo in scena come un apologo morale che deve formare e orientare le coscienze.
Exemplum pulp contemporaneo, Una donna promettente, film e marchio del #MeToo, ammicca al cinema indie e si trova a suo agio tra il registro dramedy e un’atmosfera da commedia nera, ma la vivacità della scrittura e gli affondi ben assestati lo riportano anche a una dimensione più iconica e pop, da rodato film di genere che si diverte a inserire un duetto sulle note di Paris Hilton in un drugstore o, nel convulso finale, Angel of the Morning di Juice Newton.