Gli Asteroidi segna il debutto alla regia di un lungometraggio di fiction del promettente regista bolognese Germano Maccioni, classe 1978, già vincitore di numerosi premi e riconoscimenti con i precedenti documentari e unico italiano in concorso al 71° Festival di Locarno.
Due giovani attori per la prima volta sul grande schermo interpretano le parti dei protagonisti diciannovenni Pietro (Riccardo Frascari) e Ivan (Nicolas Balotti), che muovono i loro primi passi nel mondo degli adulti, nel tentativo di emanciparsi dalle famiglie di appartenenza, delle quali rinnegano la storia e il ruolo sociale (famiglie borghesi, famiglie operaie) sullo sfondo di una provincia industriale, quella emiliano romagnola, sconfinata quanto alienante.
Una provincia un tempo ricca e promettente, ora profondamente segnata dalla crisi economica. L’universo in cui gravitano Pietro e Ivan tra capannoni dismessi e il mastodontico osservatorio radioastronomico di Medicina, è un non-luogo spaventoso e ricco di minacce, all’interno del quale si fa spazio il loro peregrinare al confine tra adolescenza ed età adulta. Alla ricerca disperata di ciò che vogliono e di ciò che vogliono diventare.
In questo mondo dove tutto è incerto e messo a rischio dalla minaccia persistente della caduta di “asteroidi” dallo spazio, i nostri eroi trovano la loro ragione d’essere in una ribellione che diventa “delinquenza”, lasciandosi assoldare dal “miglior topo d’appartamento della bassa” Ugo, alias Pippo Delbono, in quella che verrà battezzata come la famigerata “banda dei candelabri”, specializzata nei saccheggi in parrocchia.
Gli Asteroidi è un film che, pur animato da buone intenzioni e da un’ottima fotografia (di Marcello Dapporto), ci pare girare un po’ su se stesso. Forse a causa di una interpretazione quantomeno “immatura” dei due inesperti protagonisti, quando non addirittura artefatta e posticcia (ci riferiamo al personaggio di Cosmic che ci ha lasciati alquanto perplessi).
Tuttavia, in quanto opera prima, ci pare doveroso segnalarne anche i pregi, ed uno di essi è quello di rendere omaggio ad alcune delle più grandi realtà dell’Emilia Romagna (quella industriale accanto a quella scientifica) e riunire nella stessa pellicola alcuni tra i volti dei caratteristi più noti e amati del luogo: Pippo Delbono, Chiara Caselli, Luciano Manzalini, Angela Baraldi, Bernardo Bolognesi, e persino il giornalista ex-report Alberto Nerazzini, oltre alla incursione, in apertura, del critico savonese Tatti Sanguineti (nei panni di uno dei sacerdoti derubati).
Un film dal sapore regionale insomma, che si offre come metafora del disagio giovanile ma che risulta appesantito da dialoghi e interpretazioni innaturali.