Sambizanga, oltre ad essere il titolo del film, è il nome di una zona di Luanda, capitale dell’Angola, dove nacquero i movimenti politici che portarono poi alla Guerra di indipendenza angolana con il Portogallo colonizzatore. Al centro della narrazione le vicende di Domingos Xavier, "trattorista" rivoluzionario e la compagna Maria che che si butterà alla strenua ricerca del marito arrestato improvvisamente. Durante la quale imparerà a conoscere un mondo fino ad allora estraneo, fatto di sofferenze, ma anche di solidarietà e unità. Il film è l’affresco di un Angola che si appresta a combattere una delle lotte più importanti della sua Storia e attraverso le vicende di Maria e Domingos viene affrontato il processo di consapevolezza di un popolo che si stava preparando a diventare Stato indipendente.

Tratto dal romanzo La vita vera di Domingos Xavier di Josè Luandino Vieira che fu tradotto in francese da Mario De Andrade, primo presidente del MPLA (Movimento Popolare per la Liberazione dell’Angola), nonché compagno di vita della regista Sarah Moldoror, Sambizanga si presenta anche come un film molto intimo e personale infatti, come sottolineato dalla figlia Annouchka De Andrade, sembra che la vicenda di Maria e la vita di Sarah si intreccino, “la coscienza politica; la lotta da sola con i suoi figli, la morte del compagno per ragioni politiche; ma soprattutto la perseveranza, il continuo avanzare malgrado gli ostacoli”.

Siamo di fronte ad un’opera sostanziosa e importante sia da un punto di vista tematico che estetico, poiché in soli 96 minuti riflette alla perfezione le dinamiche che ruotavano attorno a quei duri anni di cambiamento e sofferenze. Sarah Maldoror, prima donna di colore a fare un film in Africa, ama e conosce profondamente i propri personaggi: disegna momenti sereni e dolci prima dell’arrivo della tempesta, poi la macchina da presa sembra volergli stare vicino nei momenti di necessità e allontanarsi in quelli di dolore e sconforto, lasciare lo spazio necessario, per pudore e rispetto. Altro elemento interessante è il commento sonoro, spesso composto solamente da canto privo di musica strumentale che conferisce ancor più potenza emotiva alla narrazione.

Sambizanga è stato tacciato di eccessivo estetismo per la bellezza delle immagini e quella della protagonista Elisa Andrade, ma Sarah Maldoror ha sempre respinto “questo tipo di critiche e luoghi comuni sugli africani (poveri, ignoranti e affamati)” ribadendo provocatoriamente: “Non mi interessa mostrare la povertà, preferisco cercare la poesia”.

Se la dimensione poetica dell’autrice è uno dei punti centrali del film secondo la figlia Annouchka, altro elemento non trascurabile è l’aspetto militante reso concreto dalla collaborazione con il Movimento, infatti gli attori che compaiono nella pellicola non sono professionisti, ma membri del MPLA che si prestano a rimettere in scena la realtà che vissero.

Un restauro lungo e complicato, a causa di dispute legali il film è stato inaccessibile per circa un decennio, ma sotto la supervisione della figlia Annouchka e del direttore della fotografia Claude Agostini ha potuto rivedere la sala e il pubblico potrà godere di questo importante documento storico e umano. Purtroppo Sarah Moldoror è scomparsa il 13 aprile 2020 a causa del Covid-19, ma siamo lieti di poter vedere e imparare ancora dal suo cinema che è stato importante strumento di lotta.