Il film Teorema fu presentato il 5 settembre 1968 in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia. Nel corso del suo intervento durante la presentazione del film alla stampa, Pier Paolo Pasolini dichiarò che il film partecipava al concorso per volontà del produttore Franco Rossellini ma contro il proprio volere, perché era contrario ai premi e allo statuto della Mostra del Cinema. Invitò i critici ad abbandonare la sala ma i critici rimasero in sala. Pasolini rifiutò di partecipare alla conferenza-stampa nel Palazzo del cinema e invitò giornalisti e critici nel giardino di un albergo dove avrebbe parlato esclusivamente della situazione della Mostra del Cinema, della contestazione alla Mostra e non del film.

La giuria premiò Laura Betti con la Coppa Volpi per la miglior attrice. Teorema vinse anche il premio OCIC, assegnato dall’Organizzazione Cattolica Internazionale per il Cinema (Organisation Catholique Internationale du Cinéma). Il sacerdote canadese, Marc Gervais, gesuita, studioso cinematografico, scrittore e consulente cinematografico, presidente della giuria dell’OCIC, ne fece un’ampia ed elogiativa analisi su «Le Nouvel Observateur» nº 215 del 23 dicembre 1968. Nella nota che pubblicò per spiegare le motivazioni del premio, Gervais scrisse:“Più di ogni altro film presentato a questo festival, quest’opera, impregnata dell’inquietante ambiguità che caratterizza in modo straziante la nostra epoca, mette a confronto con intensa sincerità e una forza drammatica coinvolgente una certa società borghese contemporanea vista nei suoi aspetti più miseri, con un’esperienza che può essere qualificata religiosa”.

Il 6 settembre Teorema ottenne il nulla osta dalla censura con il divieto ai minori di anni 18. Ma Claudio Sorgi, critico cinematografico, de «L’Osservatore Romano», il 13 settembre attaccò la giuria dell’OCIC, denunciando che il premio doveva essere assegnato a un film “per i suoi valori religiosi e morali”. Secondo Sorgi, l’erotismo e l’ideologia marxista rendevano inadatto Teorema a un pubblico cattolico: “La sconvolgente metafora con cui si è preteso di rappresentare il problema dell’incontro con una realtà che vorrebbe essere simbolo di una trascendenza è in radice minata dalla coscienza freudiana e marxista che traspare nel film, in cui l’autore paradossalmente tenta di raggiungere un approdo religioso percorrendo vie ad esso contrarie. Il misterioso ospite non è l’immagine di un essere che libera e affranca l’uomo dai suoi tormenti esistenziali, dai suoi limiti e dalle sue impurità, ma è quasi un demone, complice che possedendo le sue creature e scomparendo poi come un’allucinazione, le lascia sconvolte e alienate. Gli elementi positivi sono spesso fortemente resi ambigui dalle incertezze ideologiche e dalle insistite scene erotiche, che in un vasto pubblico possono ingenerare un’equivoca confusione tra religione, eros e ideologia marxista”. «L’Osservatore Romano» bollò il film come “escluso” per tutti.

Lo stesso giorno, il 13 settembre, le Procure di Roma, Alessandria, Sassari e Trieste ordinarono il sequestro di Teorema “per oscenità e per le diverse scene di amplessi carnali alcune delle quali particolarmente lascive e libidinose e per i rapporti omosessuali tra un ospite e un membro della famiglia che lo ospitava”. Anche il papa Paolo VI probabilmente alluse a Teorema nel suo discorso del 18 settembre riferendosi all’“approvazione di film inammissibili”. Nel marzo 1969 l’OCIC sconfessò il premio a Teorema, a causa delle pressioni dal Vaticano. Il 9 novembre 1968, intanto, era cominciato il processo contro Pasolini e il co-produttore Donato Leoni, processo che venne trasferito per competenza territoriale a Venezia (dove si era svolta la prima del film).

Il processo si aprì con l’escussione del regista. Teorema era accusato di essere “contrario ai valori sociali, morali e familiari”. Durante il processo, l’avvocato Enrico Biamonti, l’uomo che aveva denunciato il film, disse: “Sono andato a visionare il film anche perché appartengo a quella numerosa associazione di persone che si preoccupano della continua diffusione di spettacoli pornografici”, e parlò di “mortificazione personale”: “Nulla di metafisico né di spirituale”. Denunciò anche “la scena di due ragazzi e del vecchio con lo scorcio degli organi maschili che mi pare si vedano [sic], e la scena del giovane che scopre l’ospite… e poi anche l’opera di Mozart che accompagna le scene sessuali! I versetti della Bibbia riportati… Ho notato la messa in scena di tutta una serie di situazioni scabrose senza alcun fine moralistico spirituale… Il mio sentimento va ai miei figli di 18-19 anni, ed ai miei figli di dodici anni che lo vedranno...”.

Il Pubblico Ministero Luigi Weiss chiese una reclusione in carcere di sei mesi per entrambi gli imputati e la distruzione integrale dell’opera.
Il 23 novembre 1968, dopo un’ora di camera di consiglio, il Tribunale di Venezia assolse Pasolini e Leoni dall’accusa di oscenità, con la seguente sentenza: “Lo sconvolgimento che Teorema provoca non è affatto di tipo sessuale, è essenzialmente ideologico e mistico. Trattandosi incontestabilmente di un’opera d’arte, Teorema non può essere sospettato di oscenità”. Il dissequestro divenne esecutivo dopo due mesi. Il 9 ottobre 1969 la corte d’appello di Venezia, cui il procuratore generale era ricorso, confermò la sentenza.

(a cura di Roberto Chiesi)