Tinta Bruta, primo lungometraggio del giovane duo brasiliano Marcio Reolon & Filipe Matzembacher, si era già fatto notare alla 33esima edizione del Festival Lovers di Torino ed al Festival di Berlino 2018, dove si è aggiudicato il Teddy Award come miglior film a tematica LGBT. Pedro (l’efebico Shico Menegat) è un ragazzo un po’ asociale, con una famiglia presente ad intermittenze nella sua quotidianità, una sorella giornalista in giro per il mondo, e una nonna che appare e scompare all’occorrenza giusto per portargli un minimo supporto di affettività consolatoria nel momento del bisogno. È solo nella vita, nella casa fatiscente e spoglia che abita, nello spazio ampio delle inquadrature con profondità di campo all’aperto o in quello più schiacciato e angusto delle riprese a più bassa risoluzione della sua webcam. Ma c’è un modo che Pedro escogita per venir alla luce dal buio della sua alienazione sociale: davanti alla webcam, durante le dirette skype con i suoi followers, Pedro mette in scena una performance di danza e body art, ad alto contenuto erotico, che lo porta a guadagnare fino a 100/150 Real a notte. È questo il suo lavoro, Neon Boy (il nickname che usa in rete) è il suo trademark. La vernice fluo di cui si cosparge il corpo è l’evidenziatore che lo rende esistente di fronte ad una platea di voyeuristica formazione.
Ambientata nella città di Porto Alegre, in un contesto omofobico, la storia di Pedro si sviluppa in tre capitoli Luiza (la sorella), Leo (l’amante) e Neon Boy (il suo alter ego), è tratteggiata per suggestioni, delineata da una fotografia fredda e inesorabile, allucinogena, accompagnata da dialoghi quasi monosillabici e da una luce bianca ed intermittente ricalcata e resa più efficace dalla sagoma nera di Pedro che si aggira per la città, con i suoi lunghi ricci scuri bagnati dalla pioggia a coprirgli il volto e il dolore per le numerose umiliazioni subite, vittima ripetuta di atti di bullismo e omofobia. Uno schiacciante silenzio domina la colonna sonora del film, solo a tratti interrotto dalla musica elettronica delle dirette webcam. Unico spiraglio in questo vagare giovanilistico senza apparente obiettivo è la comparsa di Leo (Bruno Fernandes), ballerino che ruba i followers a Neon Boy “copiandogli” le performance, ma che Pedro intercetta e porta dalla sua, instaurando con lui una relazione amorosa, oltre che una proficua “jointventure” digitale ad alto tasso erotico.
Leo diventa la boa a cui Pedro si aggrappa per sopravvivere al suo vuoto esistenziale. E nel momento della necessaria separazione, una profonda crisi costringerà il ragazzo a prendere una decisione: annientarsi in modo definitivo o aprirsi alla vita in modo nuovo. Tinta Bruta è insomma un romanzo di formazione che accompagna il protagonista dalla solitudine agghiacciante di una socialità esclusivamente virtuale alla condivisione relazionale che è umana e reale. Dall’infelicità come condanna, al rischio delle relazioni come opportunità. Una lezione di vita attuale e necessaria nell’era del social-web.