È davvero una creatura aliena il documentario geo-politico Turn in the Wound di Abel Ferrara, presentato alla Berlinale 2024 nella sezione Berlinale Special e al festival bolognese Biografilm edizione 2024, che fonde le drammatiche immagini della guerra in Ucraina e le parole dei soldati, dei superstiti che vivono nelle zone di combattimento e quelle del presidente Zelensky con la voce di Patti Smith, icona pop- rock americana, che recita opere di Artaud, Daumal e Rimbaud.
In parte la cifra stilistica del documentario deriva dall’urgenza di rappresentare nell’immediato la nuda realtà del conflitto, la ferocia del reportage di guerra, concretizzandosi in riprese effettuate con l’ondivaga camera a mano degli operatori Sean Price Williams e Emmanuel Gras (storici collaboratori del regista) o recuperate da video clandestini di telefoni cellulari, mezzi particolarmente adatti a restituirci sullo schermo l’estetica della precarietà.
Il documentario mantiene un suo fascino peculiare proprio grazie all’uso di video digitali low cost, perché la cronaca della sanguinosa storia recente finisce per essere elevata dal regista alla riflessione sui mezzi e modalità della produzione digitale, riflessione sul modo in cui le immagini e il suono possono influenzare il pubblico.
Tuttavia nel tentare di fondere documentario e sperimentalismo, il fine ultimo di Abel Ferrara sembra essere quello di raccontare la naturale pulsione umana verso la libertà, incarnata nella lotta del popolo ucraino. Per farlo attinge al linguaggio dell’arte, attraverso la carismatica presenza di Patti Smith le cui performances costituiscono la parte più pregiata dell’opera, per far meditare e riflettere sulla guerra e sul dolore in forma metafisica ed artistica.
I segmenti del film in cui prendono forma i ricordi dolorosi di spargimenti di sangue e desolazione, di edifici sventrati e di madri costrette a raccontare la pena della perdita dei propri figli lasciano il posto alla poesia rarefatta e alle visioni ascetiche dei lives dell’artista o alla sua voce che recita i versi dei poeti surrealisti, il tutto sapientemente assemblato nel montaggio di Leonardo Daniel Bianchi.
Molto distante da narrazioni realistiche sulla guerra ucraina più ortodosse rispetto ai canoni del genere documentario, come 20 Days in Mariupol (2023) premio Oscar 2024 o Superpower, il documentario di Sean Penn sul presidente Zelensky presentato alla Berlinale 2023, Turn in the Wound non convince completamente: nonostante l’originalità e il tentativo di sublimare l’orrore della guerra con l’arte estatica e sciamanica di Patti Smith, la fusione di elementi eterogenei non giunge a lieto fine e l’alchimia ricercata dal regista resta incompiuta, sullo sfondo.