Rientrato dalla passeggiata di Fuori Orario e perseguitato dal boicottaggio de L’ultima tentazione di Cristo, Martin Scorsese sa di dover mostrare qualche segno di ravvedimento alla macchina dell’industria cinematografica, così, dopo aver dato prova di buona condotta con Il colore dei soldi, accetta di collaborare con Michael Jackson e realizza il video del singolo Bad. Bisogna replicare il successo di Thriller, ma in questo caso l’immagine della star deve essere sottoposta a revisione: Michael Jackson vuole diventare, appunto, bad, obiettivo che Scorsere riesce a perseguire in 17 minuti e con una spesa di 2.200.000 dollari.
Per la sceneggiatura, il regista si rivolge a Richard Price (Il colore dei soldi), che si rifà alla tragica vicenda di Edmund Perry, sulle prime pagine dei giornali del 1985: Perry era un ragazzo di Harlem che studiava in una scuola prestigiosa in attesa di entrare a Stanford e venne freddato senza motivo da un poliziotto. Price, tuttavia, non cede alla tentazione di inserire un facile martirio e opta per una sceneggiatura dai toni più sfumati.
Si sa che per Michael Jackson è evidente il fenomeno del crossover, vale a dire il fatto che la sua musica si rivolga anche o soprattutto ai bianchi. Zombificazione compresa, nel video di John Landis la questione del “colore” della sua musica resta marginale e dunque ambigua, ma di certo in quel caso si ha a che fare con un contesto middle class. In Bad, al contrario, Scorsese affronta la questione di petto e inserisce Michael Jackson in un contesto disagiato e dichiaratamente nero, in cui le dinamiche razziali e classiste pregiudicano l’autorealizzazione dell’individuo. Ed ecco che Darryl, vero e proprio pesce fuor d’acqua, tenta di autolegittimarsi sostenendo che si può essere bad senza rassegnarsi a ricalcare il solito pregiudizio razzista sull’inclinazione delinquenziale, ma dando forma alle proprie energie intellettuali e creative; ovvero, astraendo, si può essere black anche elaborando una proposta musicale che piace ai bianchi.
Purtroppo, più che una reale possibilità di evoluzione, il cambio di mentalità viene prospettato come un sogno. La prima parte del cortometraggio è in un bianco e nero dal viraggio underground e punta chiaramente al realismo. Nel momento in cui la scena si sposta nella metro di Hoyt-Schermerhorn Streets (che era già stata il set de I Guerrieri della Notte e di The Wiz) scoppiano i colori e prende forma un musical alla West Side Story: la rivalità tra bande è ormai una questione di passi di danza.
Già questo basterebbe a suggerire la deviazione onirica, tuttavia, perché questa risulti davvero inequivocabile, Darryl si ritrova vestito di pelle e borchie, in una sorta di metamorfosi superomistica. In effetti, di lì a poco, anche la banda con cui il protagonista ingaggia un botta e risposta finale – di gusto sommamente black – risulta essere una banda immaginaria: evidentemente, nel mondo reale le cose devono ancora cambiare prima che possa prendere forma una collettività con cui condividere la medesima visione del mondo.
Di certo Michael Jackson non è solo: ha Scorsese dalla sua parte, “wanted for sacrilege”, come recita il poster strappato da uno dei ballerini. Sono entrambi bad, benché per motivi diversi: il primo rivendica la propria natura black pur rivolgendosi anche ad un pubblico di bianchi (e in qualche modo invita entrambe le fazioni a non cedere alle logiche razziste); il secondo cerca disperatamente di realizzare L’ultima tentazione di Cristo.
Who’s Bad? Il pubblico, nella migliore delle ipotesi, cosicché l’arte possa essere libera dai pregiudizi.