In occasione del Festival del Cinema Ritrovato, giunto al termine, la Cineteca di Bologna ha proposto la proiezione di 15 episodi di Wolves of Kultur, serial americano del 1918, ogni giorno, con due appuntamenti al Cantiere Modernissimo, suggestivo edificio Liberty di inizio Novecento, aperto straordinariamente nel periodo del Festival.

Wolves of Kultur appartiene alle produzioni del e sul primo conflitto mondiale. La protagonista, la serial queen Leah Baird, lotta, sanguina, si lancia da finestre alte più di cinquanta metri e sconfigge “il male”, esattamente come gli eroi melodrammatici maschili. Una breve digressione sul melodramma: il genere affonda le sue radici nei feuilleton francesi del 1800, di grande successo. Il termine non suggerisce romanticismo, ma situazioni estremamente dinamiche, nelle quali avviene l’incontro e lo scontro tra polo positivo e polo negativo (il Male contro il Bene): il Cattivo del melodramma non ha spessore morale, deve essere rappresentativo del male sociale. E l’eroe maschile ha l’obbligo morale di sconfiggerlo.

La figura eroica di Leah nasce in un periodo in cui gli eroi virili in lotta contro il male cedono il posto a personaggi femminili estremamente audaci: donne forti e indipendenti che, letteralmente, prendono a calci i nemici. È l’inizio di una fase di grande proliferazione di un nuovo genere seriale, il serial queen melodrama. Ma chi è la serial queen e quali sono le ragioni del suo successo?

L’eroina femminile seriale nasce negli anni della prima guerra mondiale, periodo storico in cui la serialità è parte integrante della produzione industriale. La serializzazione lega inestricabilmente la cultura con l’industria: la catena di montaggio Fordista è del 1912, stesso anno della produzione del primo prodotto seriale cinematografico: What Happened to Mary, prodotto dalla Edison. È il primo film pensato secondo una continuità narrativa, gli episodi non hanno struttura verticale e autoconclusiva ma sono declinati nella forma del serial: i personaggi e le relazioni evolvono lungo il dispiegarsi degli episodi che terminano sempre con un adrenalinico cliffhanger , il finale sospeso, con la protagonista in situazioni di estremo pericolo, appesa a una roccia, per esempio, e con lei anche gli spettatori, che devono e vogliono tornare al cinema per vedere cosa succederà alla loro eroina.

È nel 1914, anno in cui viene realizzato The Perils of Pauline il primo dei serial di Pearl White, la più famosa serial queen, che esploderà il culto divistico per la nuova figura eroica femminile. Pearl nel suo essere coraggiosa, spericolata, androgina (veste alla maschietta) è l’icona della nuova donna emancipata, al pari dell’uomo. Il serial ha successo in tutto il mondo, pur subendo alcuni modifiche nei nomi dei personaggi e nel montaggio, per questioni strategiche di nazionalizzazione del prodotto americano.

 La fortuna del genere, in particolar modo in Francia, dipende probabilmente dalla ragione storica del reclutamento degli uomini al fronte, un processo che ha portato gradualmente a un aumento del pubblico femminile. La guerra determina un periodo di forte stravolgimento del ruolo sociale delle donne, alle quali viene richiesto di prendere il posto dei mariti sui luoghi di lavoro; affrancate dallo spazio chiuso delle mura domestiche, non più madri di famiglia ma lavoratrici nelle fabbriche, nelle ferrovie, in banca, danno voce al loro diritto di esserci, nella società e nel discorso culturale e politico. Gradualmente sorge la figura della New Woman, così viene definita dai giornali la donna moderna: indipendente economicamente, dinamica e libera di sperimentare ciò che fino ad allora non le era stato permesso: essere riconosciuta nella sfera pubblica. In questo clima entusiasta le serial queen, Mary Fuller, Kathlyn Williams, Juanita Hansen, in parte anche Leah Baird e, su tutte, Pearl White, divengono lo specchio della riscoperta del femminile, segno inequivocabile dell’inizio di una nuova emancipazione. È il periodo anche delle Plucky Girl reporters, giornaliste curiose e coraggiose come Kate Swan, una delle croniste, che si cimenta nelle avventure più pericolose e le descrive. Sia le eroine serial che le plucky girl hanno in comune l’eroismo, lo spirito avventuroso ed un gusto particolare per lo stunting: acrobazie al limite e avvitamenti circensi, pratiche comuni tra gli attori maschili ma assolutamente impensabili, fino a pochi anni prima, per una donna.

Sull’ondata del fenomeno della New Woman, nascono i primi movimenti femministi: sono soprattutto le donne più giovani il pubblico al quale le eroine del serial si rivolgono, donne che vogliono combattere per i loro diritti civili e disconoscono il patriarcato. Ma la Golden Age dell’emancipazione femminile è già sul viale del tramonto, la guerra finisce e, lentamente, si ristabiliscono gli equilibri. Le donne svestono i panni di lavoratrici indipendenti e tornano ad essere mogli e madri casalinghe. Così, nel corso degli anni Venti scompaiono le serial queen, con la “scusa” dell’eccessiva violenza alla quale le attrici del cinema erano sottoposte. Negli anni Quaranta tornano nelle vesti di eroine nella giungla ma si è perso ormai l’ardore dei primi anni del Novecento e ci vorrà molto tempo, almeno un trentennio, per vedere le donne dominare di nuovo lo schermo, con la loro forza e il loro coraggio.

Per approfondire: Monica Dall'Asta, Trame spezzate. Archeologia del film seriale, Le Mani, Bologna 2009

 

Con l’occasione, si ricorda l’apertura straordinaria del cantiere Modernissimo, mercoledì 4 luglio, dalle 20 alle 21. Proiezioni a ingresso libero di film muti (tutti in pellicola); 3 turni da 30 minuti ciascuno aperti al pubblico (non sono previste prenotazioni).