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“Ciò non accadrebbe qui”, l’opera maledetta e rinnegata da Bergman

Si è detto e forse si dirà che si tratta di un Bergman minore, quello che nello stesso anno di Ciò non accadrebbe qui si occupò di due adattamenti teatrali Rachele e il fattorino del cinema e Uscirsene a mani vuote. Un film insolito per l’autore svedese che a distanza di anni continua a interrogarci. “Ci sono alcuni film di cui mi vergogno o che, per motivi diversi, non mi piacciono. Ciò non accadrebbe qui è il primo.” Bergman commenta così il suo nono lungometraggio prodotto nel 1950 dalla Svensk Film Industri, aggiungendo che solo dopo quattro giorni ebbe letteralmente una paralisi creativa. L’ebbe proprio scontrandosi con la realtà dei fatti che avrebbe messo in scena, incontrando sul set alcuni attori baltici in esilio per motivi politici.

“Ciò non accadrebbe qui” di Ingmar Bergman al Cinema Ritrovato 2018

A volte accade che alcuni artisti, per motivi più o meno evidenti o condivisibili, decidano di impedire la diffusione delle proprie opere. Se nell’antichità ciò avveniva addirittura tramite la distruzione delle proprie creazioni, oggi ciò si può verificare semplicemente attraverso un meccanismo di autocensura. Così è stato per Ingmar Bergman nei confronti del suo film del 1950 Ciò non accadrebbe qui, la cui diffusione venne ostacolata in un primo momento dal regista stesso e successivamente dai suoi eredi in seguito alla sua morte. La pellicola è ora stata diffusa in un numero limitato di copie in occasione del centesimo anniversario della nascita del sommo regista svedese. Una rarità dunque, per un film di cui difficilmente si trovano notizie anche nei numerosi scritti riguardanti la filmografia di Ingmar Bergman.