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“Troppa grazia” e il breviario del cinema italiano

Guardare la storia del cinema italiano contemporaneo è osservare gli ultimi atti di un naufragio: gemme come Alaska di Cupellini e Dogman di Garrone affiorano a fatica dal mare magnum di commedie in cui si susseguono, non senza una certa stanchezza, i volti dei vari Cortellesi, Pieraccioni, e Papaleo. I principali problemi del sistema produttivo nostrano sembrano essere l’alto grado di autoreferenzialità e la scarsa cura che contraddistingue molti prodotti: innumerevoli opere distribuite al di fuori dai circuiti d’essai si limitano ad impilare clichè narrativi sostenuti a fatica da una regia stanca, per la dubbia felicità di un pubblico lento a migrare verso lo streaming. Alla luce di un discorso simile, la presenza di Troppa grazia all’interno di una finestra sul cinema mondiale come la Quinzaine des Réalisateurs di Cannes non può che farci rimanere perplessi.