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Cuori matti. “Cold War” e la musica
La passione tra Zula e Wiktor è attrazione inesorabile, fusione di corpi, desiderio di fuga (da luoghi e condizioni esistenziali limitanti), gelosia e incomprensione, connubio creativo. Dai canti flokloristici riarrangiati dal compositore Tadeusz Sygietyński ai brani jazz eseguiti al pianoforte da Marcin Masecki, la colonna sonora di Cold War definisce la direzione di una temporalità filmica frammentata, fatta di separazioni brusche (i continui stacchi repentini su sfondo nero) e ritorni inevitabili. La vita e la Storia allontanano, la musica evolve e riunisce. Ne è esempio la bellissima Due cuori (Two Hearts), canzone-leitmotiv dell’intero film.
“Cold War”, convulsione e desiderio
Come nell’andirivieni prospettico de Il bar delle Folies-Bergère di Manet in cui la realtà allo specchio si scompone, rifrangendosi in un vertiginoso complesso di punti di vista, c’è un momento, in Cold War, in cui Zula e Viktor entrano in contatto solo osservandosi e questo graduale disvelarsi del sentimento (e subito della passione) lo vediamo riflettersi in uno specchio: nella folla scrosciante si staglia lei, dal totale si passa a un sostenuto campo – controcampo dove il movimento è rilassato, lento, già però con qualche palpito irrequieto. Attraverso questo stratagemma, Paweł Pawlikowski ci introduce nei cortocircuiti mentali ed emotivi dei protagonisti e nello stesso tempo all’interno del ruolo che l’immagine ha – e a cui adempierà fino all’ultimo momento del film – nella loro messa a fuoco, dovendo renderne tutta la convulsione (“La bellezza sarà convulsa o non sarà…”) e il desiderio emorragici, logori di tutto l’amore consumato.