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John Merrick o la potenza del visibile

Attraverso alcune importanti fonti critiche, indaghiamo ancora una volta – a quarant’anni dalla sua uscita e in occasione del restauro distribuito da Cineteca di Bologna – i valori artistici e morali di The Elephant Man. Analizzando i film più classici di Lynch, ci si accorge che The Elephant Man rappresenta il sistema di lettura dell’opera di questo regista. Il racconto della vita di John Merrick, che non rinuncia né al morboso né al comico né all’orrore, sembra più concentrato sull’effetto sortito dal repellente somatico sugli uomini che interagiscono con il protagonista. che non sulla incolpevole mostruosità dello stesso. Ciò non impedisce, peraltro, a Lynch di costruire alcuni quadri astratti, all’interno dell’affidabilità narrativa della pellicola, nei quali il corpo o la testa deformati di Merrick assumono una valenza quasi artistica. 

“The Elephant Man” e la critica

L’uscita in prima visione del restauro di The Elephant Man di David Lynch, in occasione del quarantennale del film, ci permette di proporre un’antologia critica, sia d’epoca sia posteriore. Molto interessanti i percorsi interpretativi di grandi maestri della recensione, a riprova che la ricchezza dei film di Lynch viene dimostrata anche dalla molteplicità di letture che ne scaturiscono negli anni. Davanti a questa nuova edizione, ci sentiremo tutti come Richard Brody: “Non avevo più rivisto il secondo lungometraggio di David Lynch, The Elephant Man, dai tempi della sua prima uscita, nel 1980; vedendolo di nuovo, con l’aggiunta di tre decenni di estatici ricordi, sono rimasto sorpreso”. 

“The Elephant Man” al Cinema Ritrovato 2020. Siamo tutti John Merrick

Forse ciò che distingue The Elephant Man è proprio quello che lo accomuna a tutti gli altri film: il freak, il mostro, lo sfigurato. L’uomo mostruoso (sia esso nano, gigante o menomato) è una costante nella visione lynchana ma, in quasi tutte le opere, partendo da Eraserhead e arrivando fino a Twin Peaks, esso è un’entità trascendentale, sibillina, sconosciuta e incomprensibile. Tutto, fuori che umano.  È invece chiaro che proprio questo John Merrick è: un uomo. È su questa aspettativa che inizialmente gioca il regista: sottraendocelo ostinatamente dallo sguardo vuole dapprima creare in noi l’idea del mostro estraneo, per poi presentarci inaspettatamente l’uomo, non venuto da chissà quale dimensione per trasmetterci criptici segreti, ma desideroso anch’egli, come tutti, di felicità, amore e comprensione.