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“Night in Paradise” e la formula della vendetta

La vendetta sviluppa drammaturgia e produce storie, induce pathos e assicura un sensuoso e perverso sentimento di appagamento. Per Night in Paradise la formula del revenge movie non entra nella logica della messa in discussione, è in sostanza un sottinteso del genere gangsteristico, dove la vendetta è regolamentata al sistema, istituzionalizzata come principio. In quest’ottica non viene contestata la ragionevolezza dell’azione vendicativa e nemmeno ne vengono polemizzati i metodi d’esecuzione, sulla falsariga di un modello illustre come può essere Violent Cop, ma se ne indagano le conseguenze senza che il suo corollario venga mai disconosciuto.

“Night in Paradise” a Venezia 2020

Forse è arrivato il momento che Park Hoon-jung sia inserito nel pantheon dei grandi autori contemporanei: perché con Night in Paradise ci ricorda come il cinema sudcoreano non abbia paura di niente. Non ha paura del dolore, né della tragedia; non ha paura della responsabilità etica dell’eroe, libero di essere moralmente deprecabile e insieme appassionante, appunto un eroe positivo; né di discutere i ruoli di genere, portando in scena figure femminili fortissime (come aveva fatto nel suo primo film, The Witch part 1). Ma soprattutto non ha mai paura di contaminare i generi, usando un gangster movie per lavorare sul melodramma e insieme sul comico.