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La serialità secondo Thomas Vinterberg
Lo smantellamento della condizione agiata della borghesia europea rimane un punto focale per il cinema di Thomas Vinterberg. Il mutare del medium a disposizione non diminuisce la ferocia del suo attacco, il rimpicciolimento dello schermo cui il prodotto è destinato non impedisce di espandere la portata della sua visione, che si allarga per abbracciare le possibilità narrative consentite dalla narrazione seriale.
“Un altro giro” e l’assurdità ammissibile
In questa storia di ammissione dell’inammissibile, in questo gioco strampalato in cui il tabù diventa regola e in cui la morale è sbagliatissima, Un altro giro ammette il riscatto a prescindere da tutto, compreso il mezzo usato, e concede a chiunque la fattibilità della rinascita. Per Vinterberg la vita non può stagnare sulle cose fino a che non deperisce, ma anzi deve essere libera di sprigionarsi a costo di accettare il pericolo, perché essa è un formicolio di impeti e fervori, un’emorragia di impulsi e sensazioni, in definitiva è un traboccare di flussi ed energie il cui fine è scolare sulla realtà, come fa il vino dalla bottiglia al calice.