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C’è troppa (poca) oscurità nel buio della rinascita

L’impressione è che nelle lunghe tre ore del viaggio nelle prime scorribande di Batman (anzi, The Batman, l’articolo del titolo è altamente significativo, quasi a indicarne allo stesso tempo singolarità e pluralità: di azione, di interpretazione e, perché no, di genere maschile/femminile) lo spettatore debba fare fatica a scrutare nell’ombra, con gli occhi sempre semichiusi, a cercare uno spiraglio, un movimento, un rumore. La luce è totalmente assente, se non per i lampioni notturni; mentre le stesse scene girate non in notturna presentano un cielo plumbeo, gonfio di nuvole grigie, che non danno scampo a nessun tipo di spiraglio.

“The Batman” smisurato, lugubre e solenne

The Batman non è una “fiaba oscura” né “il Batman definitivo”, ma un ibrido che si assesta con timida sicurezza tra il cinecomic cosiddetto e la New (New-New) Hollywood. Una liturgia noir che suggerisce l’hard boiled con meno compassione e realismo del Joker di Todd Phillips, senza dimenticare le frustrazioni e le nevrosi del contemporaneo. E sulle variazioni dell’Ave Maria di Schubert, diventa ancora più appropriato perdersi nell’altro tema del film, Something in the Way. Sono i Nirvana più funerei che Reeves sceglie come manifesto del suo Batman: familiare, solenne, ma libero di de-costruire un’intera mitologia.