Pietro Ammaturo
“Maledetto il giorno che t’ho incontrato” e benedetti questi trent’anni
Uscito nelle sale la bellezza di trent’anni fa, Maledetto il giorno che t’ho incontrato resta un film di fortissima attualità e, a detta di molti critici, studiosi e pubblico che recentemente hanno avuto il piacere di rivederlo proiettato in sala, ancora di potente impatto spettatoriale, drammaturgico, visivo. Il “mondo Verdone” stava iniziando, tematicamente, a concretizzarsi sempre di più e l’idea di un film che tirasse un po’ le somme era nell’aria. Non a caso questo film si pone quasi a metà di tutta la produzione verdoniana, come una sorta di spartiacque, di momento di confine nella filmografia di Verdone.
C’è troppa (poca) oscurità nel buio della rinascita
L’impressione è che nelle lunghe tre ore del viaggio nelle prime scorribande di Batman (anzi, The Batman, l’articolo del titolo è altamente significativo, quasi a indicarne allo stesso tempo singolarità e pluralità: di azione, di interpretazione e, perché no, di genere maschile/femminile) lo spettatore debba fare fatica a scrutare nell’ombra, con gli occhi sempre semichiusi, a cercare uno spiraglio, un movimento, un rumore. La luce è totalmente assente, se non per i lampioni notturni; mentre le stesse scene girate non in notturna presentano un cielo plumbeo, gonfio di nuvole grigie, che non danno scampo a nessun tipo di spiraglio.