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Jean Grémillon e la doppia vita di Monsieur Victor
Il film è dominato dalla dualità del protagonista, tra esterni solari e vitalissimi e interni cupi e attraversati da linee nette come ferite, o sbarre di un carcere, in una Tolone popolare (brillantemente ricostruita in studio) allegramente confusionaria di giorno e oscura e pericolosa di notte. E anche i personaggi femminili, la moglie di Victor, e madre giudiziosa, Madelaine (Madeleine Renaud) e l’incontenibile Adrienne di Viviane Romance, pur non scontrandosi direttamente, sono personalità antitetiche ma tutt’altro che bidimensionali: Adrienne, pessima moglie e madre imperfetta, rimane fedele a se stessa a costo di rinunciare ai suoi uomini, rivendicando la scelta di non accontentarsi, mentre Madelaine riesce a volgere gli eventi in cui è suo malgrado coinvolta in un’occasione di apertura e cambiamento.
“Daïnah la métisse” di Jean Grémillon al Cinema Ritrovato 2018
Daïnah è un film sulla doppiezza di una realtà apparentemente inequivocabile che trova la sua referenza oggettiva nelle facce dei personaggi. Sfidando convenzioni e costumi dell’epoca, Grémillon – che si basa sulla sceneggiatura del non ancora famosissimo Charles Spaak, tratta da un romanzo di Pierre Daye – colloca su un transatlantico figure desiderose, nel bene e nel male, di negare l’incasellamento a cui la società li obbliga. Daïnah è la sola a danzare senza maschera perché dichiara guerra al mondo sessualmente turbato dalla carica dinamitarda del suo erotismo, non solo attraverso i conturbanti movimenti del giovane corpo ma anche la pelle meticcia, segno plateale di un esotismo assai in voga nei desideri inconfessabili dell’epoca.
Venezia Classici 2017, il gran finale: “Daïnah la métisse”
Venezia Classici chiude la sua selezione presentando quella che è forse la vera chicca tra i restauri. Le perplessità avanzate da alcuni critici e commentatori sul senso della sezione (la scelta di film ampiamente celebrati, già restaurati o semplicemente proposti in restyling per pur legittimi fini commerciali) dovrebbero decadere di fronte alla riscoperta di Daïnah la métisse, a ragione lasciato per il gran finale perché espressione di ciò che Venezia Classici si prefigge d’essere: la recherche di un piacere in cui la Mostra accompagna il pubblico alla riscoperta del passato in quanto indispensabile apparato del presente (e del futuro).