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“La vita accanto” e la macchia della famiglia

La macchia di Rebecca, metafora di una sorta di indicibile colpa che grava sulla famiglia è l’espediente narrativo per sviluppare i tanti, forse troppi temi affrontanti nel film quali la claustrofobia della provincia bigotta, il disagio psichico legato alla maternità, la paura della diversità, la forza salvifica dei legami autentici e delle passioni che riabilitano l’umano a una vita degna di essere vissuta. Uno dei meriti del film di Giordana è di smascherare sin da subito la mistica della femminilità che vuole la donna naturalmente e obbligatoriamente madre (e moglie) felice.

“Nome di donna” e l’ingranaggio maschilista

Al netto di un film poco riuscito, si salva l’intento morale di Giordana, sensibile nel cogliere, insieme a Cristiana Mainardi che ha scritto il film, l’urgenza di portare allo scoperto un crimine relegato troppo spesso nelle zone d’ombra della cronaca e che il movimento #metoo ha invece aiutato a far emergere, dando coraggio e solidarietà alle tante donne che ancora non riescono a parlare, e non ultimo, in qualche modo, il film ci ricorda che ogni giorno, anche senza rendercene conto, che lo accettiamo o meno, siamo tutti parte di questo ingranaggio maschilista e siamo dunque, sopratutto noi uomini, tutti coinvolti e responsabili: non uno di meno.