Arrivederci Saigon è un film di una donna che racconta le vicende di altre donne. Nello specifico la storia di un complesso musicale, Le Stars, composto da giovani ragazze che dalla provincia toscana si sono trovate ad allietare le giornate dei soldati americani nel sud del Vietnam, nel 1968. Tutto è successo in maniera involontaria, quasi a loro insaputa. Il promotore che le seguiva firmò un contratto che assicurava una tournée in un Paese del sud est asiatico non precisato. Questo paese si rivelò essere il Vietnam e le giovani donne dovettero rimanere “in guerra” per tre mesi. Il documentario presenta una struttura molto classica, composta da immagini di repertorio e interviste alle dirette protagoniste che all’epoca dei fatti erano poco più che adolescenti.
Il contesto storico è appunto quello del 1968, quando tutto il mondo era in fermento, le proteste giovanili e per i diritti delle minoranze avrebbero cambiato molto. All’interno di queste lotte e proteste si inserisce anche la forte critica all’intervento occidentale in Vietnam, con grandi personalità in prima linea. Labate sceglie di mostrarne alcune tra le più celebri, da Martin Luther King a Jean-Luc Godard, passando per Gian Maria Volonté. Dal film emergono aspetti molto interessanti della loro permanenza nell’inferno vietnamita, come ad esempio il razzismo tangibile tra le fila dell’esercito americano, soprattutto ai piani più alti, dove spesso venivano cacciate via a causa della loro musica, soul, afroamericana, quindi non adatta a tenenti bianchi. Invece tra i soldati semplici era tutto più leggero, nonostante esistessero episodi di razzismo l’ambiente era più conviviale, le ragazze duettavano e si innamoravano dei soldati. La guerra era riuscita a far vivere nello stesso ambiente, spalla a spalla in combattimento nascevano amicizie tra bianchi e neri, passo che l’America non era ancora riuscita a compiere.
Curioso è anche il racconto del ritorno in Italia, dopo tre mesi (da ottobre a gennaio) le ragazze avvisarono l’agenzia ANSA del loro ritorno, ma allo sbarco in Italia non c’era nessuno ad attenderle. Venivano da famiglie e ambienti comunisti e in un momento storico di protesta vennero accusate di essere andate ad intrattenere l’esercito americano, quell’America che stava occupando ingiustamente un suolo straniero e mandava i propri uomini al macello, invece di fare come altri artisti illustri che si erano impegnati nella maniera giusta. Ma loro non scelsero il Sud del Vietnam, ci capitarono. Questo fatto traumatizzò le ragazze che non parlarono più dell’esperienza e tornarono alle loro vite normali, mettendo nel cassetto i ricordi vietnamiti e quel Natale vissuto al caldo.
Concordando con l’autrice questo piacevole film mostra “ancora un altro ’68, tra i tanti, a distanza di cinquant’anni. La sfida è quella di raccontare la Storia con lo sguardo delle protagoniste poco più che adolescenti, riaprendo un capitolo tra i più conflittuali del Novecento con la memoria e la leggerezza di una esperienza incredibile che ha segnato per sempre la loro vita”.